Roma – Le attività a bordo della Stazione Spaziale Internazionale potrebbero non susseguirsi come si potrebbe ipotizzare. A segnalarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Plos One, condotto dagli scienziati della Chapman University, in California. Il team, guidato da Justin Walsh ha chiesto agli astronauti a bordo della stazione orbitante di fornire una serie di dati fotografici, che sono stati utilizzati per elaborare le dinamiche della ‘microsocietà’ a bordo della ISS. Oltre 270 persone provenienti da 23 paesi hanno visitato la stazione dalla sua realizzazione. Generalmente, gli astronauti realizzano un diario di bordo per riportare informazioni sulla quotidianità a bordo del veicolo, le cui condizioni possono essere piuttosto distanti dal contesto a cui gli esseri umani sono abituati. Per comprendere meglio le caratteristiche chiave dell’ambiente, gli autori hanno lanciato l’International Space Station Archaeological Project. Il programma si basa su una strategia utilizzata in archeologia per ricostruire l’utilizzo degli ambienti e dei reperti storici. In particolare, i ricercatori hanno chiesto all’equipaggio di scattare goto giornaliere di ciascuna posizione occupata all’interno della stazione per 60 giorni. In questo articolo, sono state analizzate due delle sei aree considerate per l’indagine: la zona per la manutenzione delle attrezzature e quella vicina alla toilette e alle attrezzature per l’esercizio fisico. La piattaforma di dati risultante ha rivelato 5.438 istanze di “artefatti” utilizzati per vari scopi, come strumenti di scrittura, post-it e un visore per realtà aumentata. Combinando le informazioni fotografiche con l’analisi dei resoconti redatti dagli astronauti, il team ha scoperto che l’area vicino all’attrezzatura per esercizi utilizzata come deposito per articoli da toeletta, buste richiudibili e un computer che veniva acceso raramente. L’area di manutenzione dell’attrezzatura era utilizzata principalmente per lo stoccaggio, e riceveva poche attività di manutenzione. Questi risultati, commentano gli autori, dimostrano che le tecniche archeologiche tradizionali possono essere adattare per studiare habitat remoti o estremi. Le informazioni risultanti potrebbero contribuire allo sviluppo di futuri avamposti spaziali. “Per la prima volta – commentano gli scienziati – abbiamo eseguito un’analisi archeologica al di fuori del pianeta Terra. I nostri risultati evidenziano che l’equipaggio della ISS utilizza diverse aree della stazione spaziale in modi che divergono dai progetti e dai piani di missione. Architetti e progettisti delle future stazioni spaziali possono imparare lezioni preziose da questi dati”. (30Science.com)
Valentina Di Paola
Sulla Stazione spaziale internazionale è stata condotta la prima indagine archeologica
(7 Agosto 2024)
Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).