Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Artico, nei mesi più caldi sono alti livelli di PFAS nella neve

(20 Dicembre 2024)

Roma – La neve che cade sulle isole Svalbard nell’Artico contiene livelli più alti delle cosiddette “sostanze chimiche eterne” (PFAS) durante i mesi soleggiati rispetto ai bui mesi invernali. E’ quanto emerge da uno studio condotto dall’ Università di Örebro e pubblicato su Environmental Science & Technology. “La luce solare – spiega il primo autore William Hartz – innesca reazioni chimiche nell’atmosfera trasformando e trasportando i PFAS nella neve durante l’estate artica”.

Credito
William Hartz

I PFAS sono migliaia di sostanze chimiche prodotte dall’uomo che impiegano molto tempo per decomporsi in natura. Nessuna di queste sostanze si trova in natura e molte sono sospettate di avere effetti negativi sugli esseri umani e sulla natura. Queste sostanze chimiche, utilizzate in indumenti, utensili da cucina e agenti impermeabilizzanti, sono diffuse in tutta la natura e nei corpi di animali ed esseri umani in tutto il mondo. Ad esempio, un tipo di PFAS chiamato PFOS è stato trovato nel sangue dell’orso polare. Gli autori del nuovo studio hanno selezionato e monitorato un ghiacciaio nelle Svalbard. Hanno raccolto circa 100 chilogrammi di neve in più periodi che poi hanno analizzato in laboratorio. Hanno scoperto concentrazioni di PFAS nella neve fino a 71 volte superiori per l’acido trifluoroacetico (TFA) durante i periodi in cui il sole splendeva 24 ore su 24, rispetto ai mesi più bui in cui il sole non sorge mai. Il TFA è una delle cosiddette sostanze PFAS ultra-corte, composte da uno a tre atomi di carbonio. I ricercatori hanno anche trovato livelli da 13 a 22 volte più alti di PFOA e PFOS nella neve che cade durante l’estate rispetto all’inverno. PFOA e PFOS sono stati prodotti in grandi volumi negli anni ’50 e utilizzati in prodotti come il Teflon e la schiuma degli estintori. Sebbene queste sostanze siano ancora utilizzate in vari settori, sono vietate nell’UE. La luce solare avvia reazioni fotochimiche, causando la trasformazione dei PFAS nell’atmosfera in altri tipi di PFAS. Questi PFAS atmosferici provengono principalmente da fabbriche e dalla gestione dei rifiuti e possono percorrere migliaia di chilometri prima di cadere come precipitazione sotto forma di pioggia o neve. Questo spiega i risultati delle misurazioni degli autori. Gli autori stessi sottolineano l’importanza di questi dati per indirizzare le politiche tese alla lotta all’inquinamento da PFAS per ottenere i risultati migliori. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla