Roma – Il 73% dei padri italiani usufruisce del congedo di paternità, mentre l’utilizzo del congedo parentale – l’astensione facoltativa dal lavoro, concessa a entrambi i genitori – da parte dei padri è basso, con il 20,4% soltanto di loro che vi ricorre. Per il 69% delle madri e per il 72% dei padri, il congedo di paternità dovrebbe essere più lungo, e le madri avrebbero bisogno di un periodo più prolungato per l’allattamento. La maggior parte delle madri e dei padri infine (91% e 89%) ritiene inadeguata la durata dell’attuale congedo di paternità e non è d’accordo con la divisione tradizionale dei ruoli familiari, sia di cura che domestici.
Questi sono i principali risultati di uno studio che è parte di 4e-parent (le 4 ‘E’ stanno per Early, per la partecipazione da subito, Equal, per indicare un approccio paritario, Engaged, che richiama la partecipazione, Empathetic, per la valenza empatica accudente e responsiva) un progetto europeo coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) con l’obiettivo di promuovere la paternità accudente, e i cui risultati verranno presentati nel corso del convegno Essere padri, prendersi cura – 4e-parent che avrà luogo i 28 novembre all’Iss.
“Il fatto che più di 7 padri su 10 utilizzino il congedo di paternità è un segnale forte di una tendenza alla condivisione della genitorialità che rappresenta un chiaro indicatore di un cambiamento culturale in atto, un cambiamento certamente positivo”, commenta i dati Rocco Bellantone, Presidente dell’Iss. “La paternità accudente non solo rafforza il rapporto tra i padri e i figli e le figlie, ma anche favorisce e promuove la relazione paritaria tra uomini e donne. E come una sorta di moltiplicatore positivo, può contribuire al miglioramento dell’intero sistema di relazioni all’interno delle società”.
Le autrici dello studio, tramite questionari online somministrati tra agosto e dicembre 2023 a genitori di bambini e bambine nati/e tra il 2018 e il 2023, hanno sondato il punto di vista dei padri e delle madri italiane sull’uso del congedo di paternità e del congedo parentale. Dall’elaborazione delle informazioni raccolte sono emerse differenze regionali e di istruzione: i padri del Sud Italia, quelli con livelli di scolarizzazione più bassi e quelli con una maggiore aderenza della divisione tradizionale dei ruoli familiari è meno probabile usufruiscano del congedo di paternità.
La maggior parte dei genitori è d’accordo sul fatto che un congedo di paternità meglio retribuito ne aumenterebbe l’utilizzo e che i padri dovrebbero avere a disposizione un periodo di più congedo più lungo. Lo stesso accade per le madri, che necessitano di congedi più lunghi a causa delle esigenze specifiche della diade madre-figlio, come per esempio il proseguimento dell’allattamento materno fino ai 6 mesi e oltre.
“Le famiglie, le madri e i padri hanno grande necessità di misure che consentano la condivisione del ruolo di cura e della gestione domestica e la possibilità di vivere in pieno il proprio ruolo di genitori; è una questione di salute e di benessere per tutta la famiglia, soprattutto per i bambini e le bambine, fin dalla gravidanza e oltre” dice Angela Giusti Prima Ricercatrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e Coordinatrice del progetto 4e-parent. “Gli attuali congedi materni, paterni e parentali sono insufficienti riprende Giusti – e ci auguriamo che già da questa finanziaria sia possibile mettere in atto misure correttive, in particolare estendere ad almeno tutto il primo mese di vita il congedo paterno, attualmente di soli 10 giorni”.
Un secondo studio realizzato ancora nell’ambito del progetto 4e-parents da Csb – Centro per la salute del bambino onlus di Trieste – in collaborazione con Iss, ha coinvolto 1023 dipendenti di 6 imprese del Nord-Italia con sedi su tutto il territorio.
Di questi/e dipendenti, 637 hanno dichiarato di avere figli/e, nello specifico 207 madri e 418 padri.
Il 59% delle madri e il 36% dei padri rispondenti hanno dichiarato di aver fatto uso dei congedi parentali, con una mediana di 90 giorni per le madri e 10 giorni per i padri. La maggior parte delle madri e dei padri che hanno partecipato dichiarato che ne avrebbero presi di più se fossero stati meglio retribuiti.
Solo il 45% dei padri rispondenti ha fatto uso dei congedi di paternità e le motivazioni hanno riguardato nel 53% dei casi la presenza della partner a casa, nel 33% dei casi il fatto di non sapere di poterli utilizzare e nel 14% dei casi la paura di avere problemi sul posto di lavoro.
Dall’indagine sui/sulle dipendenti emerge un largo consenso rispetto al principio del congedo paritetico (Femmine=85.2%, Maschi=74.8%), il al desiderio di sentirsi più libere/i di esprimere esigenze di conciliazione famiglia-lavoro e lavoro-famiglia sul luogo di lavoro (F=71.8%, M=63.2%), il al desiderio di formazione rivolta a manager e supervisor in merito ai temi della alla conciliazione famiglia-lavoro e lavoro-famiglia (F=92.1%, M=85%) e la richiesta degli di orari standard di lavoro.
Per quanto riguarda la conciliazione famiglia-lavoro e lavoro famiglia, le donne (49,8%) sentono molto più degli uomini (38,7%) che le loro prestazioni lavorative siano influenzate negativamente dalla necessità di occuparsi dei figli e delle figlie. Le donne mostrano maggiore difficoltà (47,1%) rispetto agli uomini (32,8%) nel conciliare le responsabilità familiari con le aspettative lavorative. Gli uomini sono maggiormente d’accordo (52,1%) rispetto alle donne (37,9%) sul fatto di dover spesso rivedere i propri piani per conciliare il lavoro con le esigenze familiari. La percezione della cultura lavorativa che incentiva a mettere il lavoro prima di tutto è sentita maggiormente dagli uomini (48,2%) rispetto alle donne (35,8%).
Nell’indagine sui dipendenti e sulle dipendenti di aziende la probabilità di utilizzare il congedo parentale aumenta se gli orari di lavoro sono troppo lunghi e se si ha un/a responsabile comprensivo/a, diminuisce se l’offerta di politiche aziendali per la conciliazione famiglia-lavoro e lavoro-famiglia e la rete territoriale dei servizi per la cura dell’infanzia sono considerate sufficienti, e se gli orari dei servizi sono adeguati. Diminuisce, inoltre, in presenza di un’organizzazione del lavoro per obiettivi.(30Science.com)