Lucrezia Parpaglioni

La focaccia, una tradizione culinaria neolitica che risale a 9.000 anni fa

(26 Novembre 2024)

Roma – La tradizione della focaccia ha origini profonde: nel Neolitico recente, tra il 7000 e il 5000 a.C., le comunità agricole della regione della Mezzaluna Fertile del Vicino Oriente svilupparono una complessa tradizione culinaria che includeva la cottura di grandi pagnotte di pane e “focacce” con diversi sapori su speciali vassoi, noti agli archeologi come vassoi di sgusciatura. Lo rivela uno studio, condotto da un gruppo di ricerca che ha incluso anche scienziati dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Istituzione Milà i Fontanals, IMF-CSIC, e dell’Università di Lione, in Francia, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. I vassoi di sgusciatura erano contenitori con una grande base ovale e pareti basse, realizzati in argilla grezza. Si differenziavano dai vassoi comuni per la loro superficie interna, contrassegnata da impronte o incisioni ruvide disposte in modo ripetuto e regolare. Precedenti esperimenti con repliche di questi vassoi e strutture di cottura simili a quelle trovate nei siti archeologici del periodo preso in esame dai ricercatori avevano già permesso agli archeologi di ipotizzarne la funzione. Le indagini attuali hanno suggerito che grandi pagnotte fatte con acqua e farina potrebbero essere state cotte su queste teglie, poste in forni a cupola per circa 2 ore a una temperatura iniziale di 420 °C. Le scanalature sulla superficie interna avrebbero facilitato la rimozione del pane una volta cotto. Inoltre, le grandi dimensioni delle pagnotte, di circa 3 kg, rivelano che queste erano probabilmente destinate al consumo comunitario. Il gruppo di ricerca ha analizzato frammenti di ceramica di vassoi di sgusciatura, risalenti a un periodo compreso tra il 6400 e il 5900 a.C., per identificare il loro utilizzo come contenitori specializzati per la cottura di impasti a base di cereali. Inoltre, gli scienziati hanno svolto analisi per comprendere se questi impasti potessero essere conditi con prodotti come grasso animale o olio vegetale. I resti analizzati provengono dai siti archeologici di Mezraa Teleilat, Akarçay Tepe e Tell Sabi Abyad, situati nell’area tra Siria e Turchia. Le analisi sono state effettuate presso le Università di Istanbul e Koç, in Turchia. Lo studio, basato su vari tipi di analisi da una prospettiva integrata, ha fornito prove chiare sia riguardo agli usi di questi manufatti sia riguardo alla natura degli alimenti in essi lavorati. In particolare, l’analisi dei fitoliti, ovvero residui di silice di origine vegetale, suggerisce che cereali come il grano, Triticum sp., o l’orzo, Hordeum sp., ridotti in farina, venivano lavorati in queste teglie. Inoltre, l’analisi dei residui organici indica che alcune delle teglie venivano utilizzate per cucinare alimenti contenenti ingredienti di origine animale, come grasso animale e, in un caso, condimenti di origine vegetale. Lo stato di degradazione dei residui suggerisce che, in almeno due casi, le teglie hanno raggiunto temperature compatibili con quelle sperimentalmente verificate per la cottura dell’impasto in forni a cupola. Infine, l’esame delle alterazioni d’uso della superficie ceramica ha permesso di identificare l’usura d’uso associata specificamente ai residui di pane e altre legate ai residui di focaccia condita. “Il nostro studio offre un quadro vivido delle comunità che utilizzano i cereali da loro coltivati ​​per preparare pani e ‘focacce’ arricchiti con vari ingredienti e consumati in gruppo”, ha detto Sergio Taranto, autore principale dello studio, parte di una tesi di dottorato svolta presso l’UAB e La Sapienza. “L’uso delle teglie di sgusciatura da noi identificate ci porta a considerare che questa tradizione culinaria del tardo Neolitico si sia sviluppata nell’arco di circa sei secoli e fosse praticata in un’ampia area del Vicino Oriente”, ha concluso Taranto. (30Science.com)

 

 

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.