Valentina Di Paola

Circa 41 mila anni fa, gli umani portarono il fuoco e cambiarono la Tasmania

(18 Novembre 2024)

Roma –  Alcuni dei primi esseri umani ad arrivare in Tasmania, oltre 41 mila anni fa, utilizzarono il fuoco per modellare e gestire il paesaggio, dimostrando capacità di manipolazione di un elemento con un anticipo di circa 2.000 anni rispetto a quanto si pensasse in precedenza. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati dell’Università di Cambridge. Il team, guidato da Matthew Adeleye, ha analizzato il carbone e il polline contenuti nel fango antico per determinare come gli aborigeni della Tasmania abbiano plasmato il loro ambiente. I risultati, commentano gli esperti, evidenziano la prima testimonianza dell’uso del fuoco nella regione, anticipando le evidenze precedenti di circa duemila anni. Le prime migrazioni umane dall’Africa alla parte meridionale del globo erano già in corso all’inizio dell’ultima era glaciale: i primi esseri umani raggiusero l’isola circa 65mila anni fa. Quando le prime comunità Palawa/Pakana si stabilirono nell’area nota come Lutruwita, utilizzavano il fuoco per alterare le foreste umide. Questo lavoro, commentano gli autori, contribuisce a chiarire le capacità dei primi esseri umani in relazione all’uso del fuoco, ma anche il legame tra gli aborigeni e il paesaggio circostante, fondamentale per la gestione degli ecosistemi nell’Australia attuale. La Tasmania si trova attualmente a circa 240 chilometri dalla costa sud-orientale australiana, separata dalla terraferma australiana dallo Stretto di Bass. Durante l’ultima era glaciale, tuttavia, le due isole erano collegate da un enorme ponte di terra, percorribile fino a circa 8000 anni fa.

Il dott. Matthew Adeleye, dell’Università di Cambridge (a sinistra), e il professor David Bowman, dell’Università della Tasmania (a destra), coautori dell’attuale articolo pubblicato su Science Advances.
Credito
Simone Haberle

“L’Australia ospita la più antica cultura indigena del mondo, che prospera da oltre 50 mila anni – sostiene Adeleye – studi precedenti hanno dimostrato che le comunità aborigene sulla terraferma australiana usavano il fuoco per modellare i loro habitat, ma non abbiamo avuto registrazioni ambientali altrettanto dettagliate per la Tasmania”. Analizzando i campioni di fango prelevati dalle isole nello Stretto di Bass, i ricercatori hanno notato un aumento di carbone vegetale circa 41.600 anni fa, seguito da un importante cambiamento nella vegetazione circa 40 mila anni fa. “Questi dati – aggiunge Adeleye – suggerisce che i primi abitanti stessero disboscando le foreste bruciandole, per creare spazi aperti per la sussistenza e forse per attività culturali. Il fuoco è uno strumento importante, è probabile che queste civiltà avessero imparato a utilizzarlo a proprio vantaggio durante la migrazione attraverso il paesaggio glaciale di Sahul”. Le pratiche di combustione vengono implementate ancora oggi dalle comunità aborigene, ma restano un aspetto controverso dei tentativi di gestione degli eventi incendiari in Australia. I ricercatori sostengono che comprendere questa antica metodologia di gestione del territorio potrebbe contribuire alla definizione di strategie mirate per preservare e ripristinare i paesaggi precoloniali. “Le antiche comunità della Tasmania – conclude Adeleye – sono state i primi gestori del territorio dell’isola. Se vogliamo proteggere i paesaggi e gli ecosistemi per le generazioni future, dobbiamo imparare dalle comunità indigene, accogliendo le richieste di interventi specifici per promuovere la salvaguardia della regione”. (30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).