Valentina Di Paola

Rivelato l’identikit dell’uomo del pozzo, della saga norrena di Sverris

(28 Ottobre 2024)

Roma –  Capelli e occhi chiari, ascendenze norvegesi, età compresa tra i 30 e i 40 anni. Queste le principali caratteristiche fisiche dell’uomo del pozzo, una figura presente nella saga norrena di Sverris. Il curioso identikit è stato realizzato dagli scienziati dell’University Museum della Norwegian University of Science and Technology di Trondheim, dell’Istituto norvegese per la ricerca sul patrimonio culturale di Oslo, e della Norwegian University of Science and Technology, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista iScience per rendere noti i risultati del proprio lavoro. Il team, guidato da Michael D. Martin, Martin Rene Ellegaard e Anna Petersén, ha utilizzato il DNA antico per corroborare gli eventi di una narrazione storica, risalente a più di 800 anni fa, e scoprire l’identità di uno dei personaggi riportati nel racconto. La saga narra l’ascesa al potere di Sverre, che sosteneva di essere figlio illegittimo del re Sigurd Munn. Nonostante le sue umili origini, Sverre riuscì a guadagnare l’appoggio del movimento dei Birkebeiner, un gruppo di ribelli, e sconfisse re Magnus V a Fimreite nel 1184, diventando re di Norvegia. In un episodio, la storia racconta che durante una fase critica della guerra, Sverre si trovava assediato nella città di Nidaros (oggi Trondheim). I suoi nemici, i sostenitori di Magnus Erlingsson, cercavano di conquistare la città e tagliare le risorse vitali per gli uomini di Sverre, e misero in atto una crudele strategia, uccidendo uno dei propri uomini e gettandolo nel pozzo della città, allo scopo di avvelenare la preziosa risorsa idrica. Questo evento non è solo un esempio della brutalità della guerra civile norvegese, ma anche una metafora del degrado morale che caratterizzava il conflitto tra le fazioni in lotta per il trono. Nell’ambito del lavoro, gli scienziati hanno analizzato i resti del corpo che potrebbe essere appartenuto all’individuo ucciso e lasciato nel pozzo. “Per la prima volta – afferma Martin – abbiamo individuato una possibile evidenza scientifica di una persona descritta nei testi storici. Ci sono molti di questi resti medievali e antichi in tutta Europa e sempre più spesso sono oggetto di analisi genomiche”. Nel 1938, furono trovate delle ossa nel pozzo del castello di Sverresborg, ma i ricercatori dell’epoca non avevano gli strumenti per condurre indagini approfondite. Ora, la datazione al radiocarbonio e la tecnologia avanzata di sequenziamento genetico hanno permesso ai ricercatori di elaborare un quadro più intricato di chi fosse l’uomo del pozzo. Le analisi hanno confermato che il corpo ha circa 900 anni, e aveva tra i 30 e i 40 anni al momento del decesso. “Possiamo confermare ciò che è realmente accaduto in modo più neutrale – sottolinea Ellegaard – ma il nostro lavoro indica che la realtà potrebbe essere molto più complessa della narrazione”. I ricercatori hanno analizzato i campioni di un dente ottenuti dallo scheletro dell’uomo del pozzo, sequenziando il genoma. I risultati suggeriscono che l’individuo, proveniente dalla contea norvegese più a sud dell’attuale Vest-Agder, avesse la carnagione chiara, gli occhi azzurri e i capelli chiari. Per ottenere questa rappresentazione, gli autori hanno considerato moltissimi dati di riferimento dei genomi norvegesi moderni resi disponibili tramite una collaborazione con Agnar Helgason presso deCODE Genetics, in Islanda. “Il dataset di riferimento – precisa Martin – contiene informazioni su migliaia di genomi di norvegesi moderni e molte migliaia di altri genomi europei. Tuttavia, questa tecnologia ha i suoi limiti, poiché il campionamento del genoma dell’uomo del pozzo ha richiesto la rimozione della superficie esterna del suo dente, per evitare la contaminazione da parte di coloro che lo avevano maneggiato in ambienti non sterili”. Ciò implica purtroppo che il campione non potrà essere utilizzato per ulteriori test. Gli autori non sono riusciti a determinare la presenza di patogeni al momento del decesso. “Dobbiamo considerare che tipo di test stiamo eseguendo ora perché limiterà ciò che potremo fare in futuro – conclude Martin – abbiamo dovuto necessariamente accettare dei compromessi. Nei prossimi step, speriamo di convalidare questo approccio, che fonde scienza, archeologia, genomica e storia, per testare campioni di altre figure storiche. Ad esempio, potremmo individuare i resti di Olaf, il santo norvegese sepolto nella cattedrale di Trondheim. Il sequenziamento genico potrebbe aiutarci a ricostruire il suo aspetto e la sua discendenza. Sarebbe davvero interessante”. (30Science.com)

 

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).