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Studio riscrive la storia della mortalità e della sopravvivenza femminile a Milano negli ultimi 2mila anni

(14 Ottobre 2024)

(AGI) – Roma, 14 ott. – Altro che secoli bui: il Medioevo, almeno per le donne milanesi, vide un notevole miglioramento delle condizioni sociali, culturali e biologiche che si tradusse in un aumento dell’aspettativa di vita rispetto all’epoca Romana (da 36 a 40 anni). Le donne furono meno longeve e più a rischio di morte durante le epoche romana e moderna, mentre in epoca contemporanea, per la prima volta, le donne vivono più a lungo rispetto agli uomini.

È uno dei risultati più rilevanti dello studio paleoepidemiologico realizzato da un team internazionale di ricercatori, che unisce l’Università degli Studi di Milano (con le Prof.sse Cristina Cattaneo e Beatrice del Bo) alla James Madison University (Stati Uniti d’America, con la Dott.ssa Samantha Yaussy), guidato dalla  Dott.ssa Lucie Biehler-Gomez, ricercatrice paleopatologa presso il LABANOF – Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense della Statale. Questo studio fa parte del progetto DOMINA (Donne Milanesi Nascoste), condotto dalla stessa Lucie Biehler-Gomez, che mira alla ricostruzione della condizione femminile a Milano negli ultimi 2000 anni attraverso un approccio multidisciplinare che combina analisi paleopatologiche, bioarcheologiche e storicheLo studio ha preso in esame 492 scheletri della collezione osteologica di Milano per analizzare i trend di sopravvivenza e mortalità delle donne milanesi negli ultimi 2mila anni.

La ricerca, pubblicata su Nature Scientific Reports, ha evidenziano cambiamenti significativi nella longevità femminile, con un notevole aumento dall’epoca romana (I-V secolo d.C.) a quella contemporanea (XIX-XX secolo d.C.), passando da 36 a 67 anni. Nel periodo moderno (XVI-XVIII secolo d.C.), la crescita della longevità femminile subisce uno stallo intorno ai 38 anni che non si osserva nella controparte maschile. In confronto, gli uomini mostrano un’aspettativa di vita già più alta in epoca romana (circa 44 anni), che diminuisce nel Medioevo (circa 39 anni) per poi risollevarsi nel periodo moderno (44 anni) e aumentare costantemente.

“Questo studio mostra come la differenza di genere passa anche attraverso la longevità”, spiega Lucie Biehler-Gomez, prima autrice del paper, “si ipotizza che nella Milano romana e moderna la sopravvivenza delle donne possa esser stata inficiata da fattori culturali e sociali, la cui influenza viene invece sembra essere stata mitigata durante il Medioevo (VI-XV secolo d.C)”.

In particolare, lo studio considera i possibili fattori che hanno influenzato la mortalità femminile. La gravidanza e il parto rappresentano eventi ad alto rischio per le donne, soprattutto prima dell’avvento della medicina moderna. Durante il Medioevo a Milano, molta attenzione fu rivolta ai bisogni delle classi medie e basse, compreso il sostegno alle donne, contribuendo alla diminuzione del rischio di mortalità e all’aumento della longevità femminile rispetto all’epoca romana. In effetti, xenodochi (ospizi per pellegrini e forestieri) e ospedali proliferarono a Milano grazie a iniziative private, ecclesiastiche e religiose sin dall’VIII secolo. Le cronache dall’XI secolo in poi documentano numerose strutture rivolte a donne povere, pellegrine, impossibilitate ad allattare, bambini e poveri, insieme a ospedali e centri di assistenza gestiti da ordini religiosi, confraternite e corporazioni di mestieri, tanto che, alla fine del XIII secolo, Milano vantava diversi ospedali per i malati.

Tuttavia, nel periodo moderno, l’intensificazione dell’industria tessile, occupazione che divenne principalmente femminile, ha avuto un ruolo importante nella mortalità delle donne. L’aumento del lavoro fisico in settori pericolosi ha probabilmente compromesso la salute delle donne che oltre a queste attività usuranti dovevano anche continuare a dedicarsi alle faccende domestiche e alla cura dei figli.

“Questo studio sottolinea l’importanza delle indagini bioarcheologiche nella ricostruzione del passato, fornendo risposte che possono sfidare le assunzioni storiche e facendo luce su come l’interazione tra fattori culturali, sociali e biologici abbia modellato l’esperienza femminile attraverso i millenni” conclude Lucie Biehler-Gomez.(30Science.com)

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