Lucrezia Parpaglioni

Creato nuovo catalogo dei gamma ray burst

(13 Settembre 2024)

Roma – Centinaia di gamma-ray burst, GRB, sono stati registrati come parte di un enorme sforzo globale così esteso da “rivaleggiare con il catalogo di oggetti deep-sky creato da Messier 250 anni fa”, secondo quanto riportato gli astronomi. L’ultima ricerca ha registrato 535 GRB, il più vicino dei quali a 77 milioni di anni luce dalla Terra, da 455 telescopi e strumenti di tutto il mondo. Questa è stata guidata da Maria Giovanna Dainotti, dell’Osservatorio astronomico nazionale del Giappone, ed è stata pubblicata oggi nella rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. I GRB sono le esplosioni più violente dell’Universo, che rilasciano più energia di quanta ne rilasci il Sole in 10 miliardi di anni. Si verificano quando una stella massiccia muore o due stelle di neutroni si fondono. Le esplosioni sono così formidabili che, se una di esse dovesse eruttare a una distanza di 1.000 anni luce dalla Terra, cosa che si prevede avvenga ogni 500 milioni di anni, l’esplosione di radiazioni potrebbe danneggiare il nostro strato di ozono e avere conseguenze devastanti per la vita. Tuttavia, le probabilità che un evento del genere si verifichi a breve sono estremamente basse. Osservati per la prima volta quasi vent’anni fa, i GRB hanno anche il potenziale per aiutarci a capire meglio la storia del nostro Universo, dalle prime stelle a come appare oggi. I ricercatori hanno paragonato la loro collezione ai 110 oggetti deep-sky catalogati dall’astronomo francese Charles Messier nel diciottesimo secolo. Ancora oggi il catalogo continua a fornire agli astronomi, sia professionisti che dilettanti, una serie di oggetti facili da trovare nel cielo notturno. “La nostra ricerca migliora la comprensione di queste enigmatiche esplosioni cosmiche e mette in evidenza lo sforzo di collaborazione tra nazioni”, ha dichiarato Dainotti. “Il risultato è un catalogo simile a quello creato da Messier 250 anni fa, che classificava gli oggetti del cielo profondo osservabili all’epoca”, ha continuato Dainotti. Il coautore, Alan Watson, dell’Università Nazionale Autonoma del Messico, lo ha definito una “grande risorsa” che potrebbe contribuire a “spingere in avanti le frontiere della nostra conoscenza”. Watson e Dainotti facevano parte di un gruppo di ricerca di oltre 50 scienziati che hanno studiato meticolosamente il modo in cui la luce dei GRB raggiunge la Terra per diverse settimane e, in alcuni casi, anche mesi dopo l’esplosione. Il risultato, dicono, è il più grande catalogo mai assemblato di GRB osservati in lunghezze d’onda ottiche con distanze misurate. Questo include 64.813 osservazioni fotometriche raccolte nell’arco di 26 anni, con contributi notevoli da parte dei satelliti Swift, della fotocamera RATIR e del telescopio Subaru. L’aspetto particolarmente interessante delle scoperte è che quasi un terzo dei GRB registrati, circa il 28%, non cambia o si evolve man mano che la luce delle esplosioni viaggia nel cosmo. “Ciò suggerisce che alcuni dei GRB più recenti si comportano esattamente come quelli avvenuti miliardi di anni fa”, ha dichiarato Rosa Becerra, dell’Università di Tor Vergata a Roma e coautrice del lavoro. Questa scoperta è in contrasto con il quadro generale comunemente visto nell’Universo, dove gli oggetti si sono continuamente evoluti dal Big Bang. “Questo fenomeno potrebbe indicare un meccanismo molto particolare per il verificarsi di queste esplosioni, suggerendo che le stelle legate ai GRB sono più primitive di quelle nate più recentemente”, ha aggiunto Dainotti. “Tuttavia, questa ipotesi necessita ancora di ulteriori indagini”, ha evidenziato Dainotti. “D’altra parte, per i pochi GRB in cui l’evoluzione ottica corrisponde a quella dei raggi X, è possibile una spiegazione più semplice”, ha precisato Dainotti. “Nello specifico, stiamo osservando un plasma in espansione composto da elettroni e positroni che si raffredda nel tempo e, come una barra di ferro rovente che irradia luce sempre più rossa man mano che si raffredda, vediamo una transizione del meccanismo di emissione”, ha detto Bruce Gendre, dell’Università delle Isole Vergini. “In questo caso, questo meccanismo potrebbe essere legato all’energia magnetica che alimenta questi fenomeni”, ha specificato Gendre. I ricercatori vogliono ora che la comunità astronomica contribuisca ad ampliare ulteriormente la compilazione dei GRB e hanno reso i dati accessibili attraverso un’applicazione web di facile utilizzo e hanno invitato i loro colleghi ad aggiungerli, idealmente condividendo i risultati nello stesso formato. “L’adozione di un formato e di unità standardizzate, potenzialmente collegate ai protocolli dell’International Virtual Observatory Alliance, migliorerà la coerenza e l’accessibilità dei dati in questo campo”, ha suggerito Gendre. “Una volta assicurati i dati, verranno condotti ulteriori studi sulla popolazione, dando il via a nuove scoperte basate sull’analisi statistica del lavoro attuale”, ha concluso Gendre. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.