Roma – In occasione della Giornata Internazionale della Biodiversità (22 maggio), il progetto LIFE Conceptu Maris presenta i risultati di tre anni di monitoraggio in mare: oltre 4.150 osservazioni di cetacei e 2.198 di tartarughe marine, frutto del lavoro congiunto di 11 partner internazionali (Area Marina Protetta “Capo Carbonara”, CIMA Research Foundation, CMCC Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, ÉcoOcéan Institut (Francia), Stazione Zoologica Anton Dohrn, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Università degli Studi di Palermo, Universitat de València (Spagna), Università degli Studi di Torino), coordinati da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con il supporto di Triton Research per le attività di management e comunicazione. I nuovi dati, illustrati alla 36ª Conferenza della European Cetacean Society (ECS), tenutasi nelle Azzorre dal 14 al 16 maggio 2025, aiutano a individuare le aree più idonee per la conservazione di cetacei e tartarughe marine nel Mediterraneo.

@ZifioCIMA
Le osservazioni effettuate tra il 2021 e il 2025 dai traghetti-monitoraggio di LIFE Conceptu Maris, integrate con dati precedenti, confermano l’importanza di alcune aree chiave.In particolare Il Santuario Pelagos (tra Liguria e Corsica). Quest’area concentra circa il 50% delle osservazioni di cetacei del Mediterraneo centrale e occidentale. Qui sono regolarmente presenti la balenottera comune (Balaenoptera physalus), il capodoglio (Physeter macrocephalus), la stenella striata (Stenella coeruleoalba) il tursiope (Tursiops truncatus) e i due delfini più tipici dell’area. Non mancano anche specie più rare ed esigenti come lo zifio (Ziphius cavirostris), il grampo (Grampus griseus) e il globicefalo (Globicephala melas), che si immergono per cacciare nelle acque profonde e costituiscono appena il 3% delle osservazioni di cetacei.
Lo Stretto di Gibilterra, compreso tra Spagna e Marocco, è un’area con alte densità di stenelle, tursiopi e delfini comuni (Delphinus delphis). Quest’ultima specie, che rappresenta meno del 3% delle segnalazioni totali di cetacei nel progetto, trova qui il suo principale rifugio mediterraneo. L’elevata presenza di individui giovani, durante tutto l’arco dell’anno, conferma il ruolo di nursery e area riproduttiva. Questi fattori rendono il Mare di Alborán (il braccio di Mar Mediterraneo che conduce allo Stretto di Gibilterra) un’area fondamentale per il successo riproduttivo e la sopravvivenza a lungo termine delle popolazioni.
Nel corridoio di migrazione dei cetacei tra le Baleari e la costa spagnola è molto frequente la presenza di delfini, con avvistamenti anche di balenottere e capodogli. Nel Mediterraneo nord-occidentale, di fronte la Francia, sulla costa spagnola continentale e nel Tirreno centrale, si incontrano delfini, come tursiope e stenella, ed è possibile osservare la presenza della balenottera e del capodoglio, e sporadicamente di altre specie.
Nel 2024 l’Adriatico, lo Ionio e il Tirreno meridionale sono risultate zone sempre più importanti per le tartarughe marine (Caretta caretta). Il riscaldamento delle acque ha favorito la loro presenza anche in aree occidentali e settentrionali, sia per la nidificazione sia per la permanenza stabile.
Contrariamente alle precedenti ipotesi, LIFE Conceptu Maris ha documentato che questa specie è più presente in ambiente pelagico di quanto si ritenesse. Tradizionalmente si pensava che, dopo la schiusa, le giovani tartarughe trascorressero un lungo periodo in mare aperto e che, una volta raggiunta la maturità, si spostassero prevalentemente nelle aree costiere per alimentarsi e riprodursi. Tuttavia, le nuove evidenze raccolte rivelano una sorprendente presenza di individui adulti in mare aperto, osservati anche in attività di corteggiamento e di accoppiamento. Lontano dalle coste, le tartarughe si nutrono prevalentemente di macro zooplancton gelatinoso, come le meduse, e ciò le espone in maniera significativa al rischio rappresentato dalle plastiche galleggianti, spesso ingerite accidentalmente, con conseguenze potenzialmente anche letali.
“Abbiamo osservato tartarughe in prossimità di rifiuti, in alcuni casi intrappolate in reti abbandonate”, racconta Fulvio Maffucci della Stazione Zoologica Anton Dohrn. “Il monitoraggio pelagico è essenziale per comprendere l’impatto dei cambiamenti climatici sulla specie e per tutelarla in alto mare, come richiesto dal Trattato sull’Alto Mare delle Nazioni Unite”.
Cetacei e delfini, chi sono i più osservati: Balenottera comune (Balaenoptera physalus): 1.140 osservazioni. Specie regolarmente presente nel Mediterraneo, con picchi nel Santuario Pelagos, soprattutto in estate. Dati che confermano il ruolo chiave di questa zona per la conservazione della specie e degli altri cetacei; Stenella striata: la più osservata, con 1.869 avvistamenti (45% del totale dei cetacei); Tursiope (Tursiops truncatus): 345 avvistamenti. Specie costiera, ma sorprendentemente presente anche in mare aperto, dove la loro presenza era finora considerata più occasionale. Tradizionalmente una delle specie più studiate, grazie alla presenza regolare in prossimità della costa, i tursiopi sono associati a habitat costieri, come baie, lagune e fondali poco profondi ed hanno una notevole capacità di adattamento.
“Uno degli obiettivi principali del progetto – spiega Antonella Arcangeli di ISPRA, responsabile scientifica – è valutare l’idoneità ecologica delle aree del Mediterraneo per cetacei e tartarughe nei diversi momenti dell’anno. Al momento abbiamo una buona conoscenza delle zone in cui si trovano, ma vogliamo capire quali sono gli ambienti potenzialmente più adatti per agire in anticipo rispetto agli impatti umani così da sviluppare strategie di conservazione più efficaci. Per questo motivo stiamo analizzando anche i fattori ambientali e antropici, come le variabili prodotte del cambiamento climatico e il traffico navale, che influenzano la presenza delle diverse specie, valutando come questi elementi possano cambiare in base al contesto e alla stagione”.
Per ottenere queste informazioni vengono utilizzate tecnologie avanzate come il DNA ambientale (eDNA) che consente di rilevare la presenza degli organismi attraverso tracce genetiche rilasciate nell’ambiente – come cellule, frammenti di pelle, muco o escrezioni – e di ottenere così informazioni anche su specie difficilmente osservabili. A questi si aggiungono dati ad alta risoluzione su temperatura, salinità, clorofilla e ossigeno disciolto, e indicatori della struttura delle catene alimentari, ottenuti tramite analisi isotopiche e altre tecniche ecologiche avanzate. L’eDNA consente di individuare specie elusive, come zifio, grampo, capodoglio, globicefalo, spesso sottostimati nelle osservazioni visive poiché trascorrono lunghi periodi in immersione profonda, e di acquisire dati anche nelle ore notturne.
“Alla fine del progetto, tutti questi dati confluiranno in un Decision Support System – aggiunge Antonella Servidio, project manager di Triton Research – uno strumento utile alle autorità pubbliche per pianificare efficacemente la conservazione marina. Con LIFE Conceptu Maris, i traghetti diventano veri laboratori galleggianti, combinando ricerca scientifica, formazione del personale e attività di citizen science. Il monitoraggio proseguirà per tutto il 2025, con l’obiettivo di estendere la rete a nuove aree del Mediterraneo meridionale e orientale, ancora poco studiate”.(30Science.com)