Roma – Migliaia di ettari al mondo sono adatti a impianti di agrivoltaico, in grado di produrre energia solare, offrendo allo stesso tempo rese considerevoli in termini di prodotti agricoli. E’ quanto emerge da una nuova ricerca guidata dal Politecnico di Milano e pubblicata su Earth’s Future. “L’ agrivoltaico non può essere applicato ovunque – afferma Nikolas Galli, coautore dello studio – ma secondo i nostri risultati sarebbe possibile combinare coltivazione e produzione di energia in molte aree del mondo senza significative riduzioni della resa”.

Distribuzione globale delle aree irrigue raccolte e/o convertibili in agrivoltaico per gli scenari che producono la più bassa (a) e la più alta (b) convertibilità a livello globale. (a) corrisponde al 50% della radiazione che raggiunge le colture e consente solo il mantenimento o l’aumento della resa, mentre (b) corrisponde al 90% della radiazione che raggiunge le colture e consente una riduzione della resa fino al 20%. Sia le aree raccolte che quelle convertibili sono rappresentate come percentuale di pixel. Lo schema di colori bivariato funziona come segue: la colonna in grigio corrisponde alle aree raccolte e non convertibili (aree convertibili = 0%). Lo schema di colori triangolare cambia tonalità di colore (verticalmente) in base alle aree raccolte e tonalità di colore (orizzontale) in base alle aree convertibili. Lo schema è triangolare perché le aree convertibili non possono essere superiori alle aree raccolte.
Credito
Politecnico di Milano
Con la crescente domanda di energia rinnovabile e la necessità di produrre quantità crescenti di cibo, la pressione sui terreni coltivabili si sta intensificando. Oggi, tra il 13 per cento e il 16 per cento degli impianti fotovoltaici a terra occupa terreni un tempo agricoli, segno di una competizione tra agricoltura ed energia per lo stesso spazio. Ma esiste una terza opzione. Lo studio rivela che tra il 22 per cento e il 35 per cento dei terreni agricoli non irrigui in tutto il mondo potrebbe ospitare impianti agrovoltaici, continuando a produrre cibo. Rappresenta un’opportunità per integrare due esigenze fondamentali senza compromettere l’una o l’altra. Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori hanno utilizzato un modello agro-idrologico spaziale, simulando la risposta di 22 colture alla riduzione della radiazione solare causata dai pannelli. Il modello ha permesso di valutare le potenziali rese delle colture in diversi climi e aree geografiche, generando una mappa globale dei possibili luoghi in cui applicare l’agrivoltaico. ” Utilizzare il terreno sia per la coltivazione che per gli impianti fotovoltaici aumenta la produzione complessiva per superficie occupata – aggiunge Giampaolo Manzolini , professore presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e coautore dello studio – Inoltre, l’installazione di colture sotto i pannelli fotovoltaici riduce la temperatura di funzionamento dei pannelli e ne aumenta l’efficienza”. “Questa tecnologia – conclude Maria Cristina Rulli, coautrice dello studio – potrebbe contribuire a ridurre la competizione per la terra, migliorando al contempo la sostenibilità dei sistemi agricoli ed energetici”. (30Science.com)