Roma – Inaugurata lunedì 30 settembre, nello spazio antistante Villa Eugenia, la prima sperimentazione in campo di piante di vite Chardonnay realizzate con tecnologie di evoluzione assistita (Tea) che hanno l’obiettivo di migliorare geneticamente una pianta al fine di renderla più competitiva in termini di resistenza e produttività.
Si tratta della prima messa a dimora in campo di viti Tea in Europa che conferma l’avanguardia internazionale della ricerca in campo vitivinicolo svolta dal gruppo di genetica agraria coordinato da Mario Pezzotti del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona. Il tutto è reso possibile anche grazie a Edivite, società spin off nata con l’obiettivo di produrre viti più resistenti ai patogeni al fine di ridurre l’utilizzo di fitosanitari necessari per la difesa dei vigneti.
Hanno partecipato all’inaugurazione Pier Francesco Nocini, rettore dell’università di Verona, Federico Caner assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, Diego Begalli prorettore e referente al Trasferimento della conoscenza e rapporti con il territorio, Antonella Furini direttrice del dipartimento di Biotecnologie Univr, Giovanni Battista Tornielli, docente di Viticoltura dell’università di Padova, Sara Zenoni, docente di Genetica Agraria dell’università̀ di Verona, Silvio Salvi, presidente della Società di genetica agraria italiana e Luca De Carlo, senatore e presidente della Nona commissione del Senato.
Presenti, inoltre, Mario Pezzotti, docente di Genetica Agraria dell’università di Verona, Carlo Piccinini, presidente nazionale di FedagriPesca-Confcooperative, Cristiano Fini, presidente della Confederazione italiana agricoltori, Christian Marchesini in rappresentanza del Consorzio tutela vini Valpolicella e di Confagricoltura e Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.
Nel corso dell’evento si è collegato in diretta anche il ministro Francesco Lollobrigida a testimonianza dell’importanza che l’evento riveste per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura italiana.
Il campo è di circa 250 metri quadri ed è inserito all’interno nel vigneto sperimentale dell’università di Verona, con sede a San Floriano in Valpolicella. È delimitato da una rete metallica accessibile solo al personale autorizzato e sottoposto a sorveglianza 24 ore al giorno.
La sperimentazione prevede la messa a dimora di 5 piante di Chardonnay Tea e 5 piante controllo.
L’emissione di piante di vite Chardonnay Tea rappresenta il primo caso a livello nazionale ed europeo. Lo scopo è di verificare in pieno campo la resistenza a uno dei principali agenti patogeni della vite, la peronospora e, di conseguenza, la possibilità di un minor utilizzo di prodotti fitosanitari. La prova sperimentale in campo permetterà anche di verificare se lo sviluppo, la crescita e la produzione della pianta rimangono normali, rispetto alle piante suscettibili di controllo.
«Con la prima messa a dimora in campo di viti Tea in Europa, l’Italia si conferma all’avanguardia nella ricerca – ha dichiarato il ministro Lollobrigida – Un grande risultato, grazie anche all’impegno di centri di eccellenza come l’università di Verona. Gli sforzi della ricerca nel settore primario devono essere sostenuti, investendo quante più risorse possibili sulle tecniche evolutive e sull’innovazione per avere colture resistenti e produttive. Il confronto avuto nel corso del G7 Agricoltura di Siracusa, appena concluso, ha confermato il valore dell’innovazione, come chiave di competitività, sicurezza e benessere degli ecosistemi a livello globale. L’impegno del Governo va avanti, in Italia come in Europa, dove ci batteremo affinché l’UE si doti finalmente di un quadro normativo adeguato in materia di tecniche genomiche, in linea con le attuali esigenze del settore agricolo».
«L’avvio di questa sperimentazione – ha affermato il rettore Pier Francesco Nocini – apre nuovi scenari per lo sviluppo della ricerca nell’ambito delle biotecnologie vegetali e, allo stesso tempo, dà vita a nuove opportunità per l’innovazione nel settore vitivinicolo. Un settore trainante per l’economia del territorio che potrà beneficiare delle evidenze di questo studio. Sono certo che l’avvio del nuovo progetto rafforzerà il ruolo dell’università di Verona come centro di riferimento per la ricerca, la formazione e il trasferimento della conoscenza per il comparto vitivinicolo».
«Un grande passo verso il futuro per tutta la viticoltura italiana ed europea l’impianto di questo primo campo di viti Tea, che non a caso è qui in Veneto – ha puntualizzato l’assessore Federico Caner – terra di eccellenze vinicole e scientifiche, che sanno collaborare insieme per la salvaguardia del territorio e del reddito degli agricoltori».
«Si tratta della prima sperimentazione in pieno campo di piante di vite Tea a livello europeo – spiega Sara Zenoni docente di Genetica Agraria Univr -. Questo evento rappresenta una tappa fondamentale per la ricerca nell’ambito delle biotecnologie vegetali, nonché una concreata speranza per una maggior sostenibilità in viticoltura. Studiare la vite, infatti, non è semplice; si tratta di un sistema complesso, perenne, arboreo, che sta bene nei campi e non ama molto crescere in condizioni controllate di laboratorio. Inoltre, le procedure applicate al sistema vite, sistema “non modello”, richiedono tempistiche molto lunghe, strutture specializzate e personale altamente qualificato».
Il termine Tea si riferisce alle moderne Tecnologie di evoluzione assistita che hanno l’obiettivo di migliorare geneticamente una pianta, al fine di renderla più competitiva in termini di resistenza e produttività. Le Tea si basano su approcci biotecnologici che permettono di trasferire un intero gene, inclusa la sua sequenza regolatrice, tra due individui tra loro interfertili (cisgenesi) e di modificare in modo voluto e preciso una specifica sequenza di Dna senza spostarla dalla sua posizione naturale nel genoma (genome editing).
La disponibilità di metodi avanzati per lo studio della funzione dei geni e la capacità di sequenziare/risequenziare l’intero genoma delle specie di interesse, insieme alla possibilità di intervenire con le Tea, stanno aprendo scenari promettenti per migliorare la produzione ed i prodotti e rappresentano un’importante e strategica opportunità per lo sviluppo economico del Paese.
Nel 2021 è nato lo spin-off EdiVite, una società privata di ricerca che opera all’interno del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona con l’obiettivo di produrre viti più resistenti ai patogeni al fine di ridurre l’utilizzo di fitosanitari necessari per la difesa dei vigneti. In particolare la vite è molto suscettibile a peronospora ed oidio, due patologie per il cui contenimento vengo utilizzate massive quantità di prodotti chimici. La problematica è molto attuale ed attenzionata a livello europeo in quanto la viticultura, nonostante occupi solamente il 2% della superficie agricola europea, utilizza circa il 40% dei fungicidi.
EdiVite è la prima azienda al mondo ad aver sviluppato e brevettato l’applicazione dell’editing genomico Dna-free nella vite tramite l’utilizzo di cellule private delle loro pareti (protoplasti) e la successiva rigenerazione ad intera pianta. Le piante editate sono state valutate per la resistenza a peronospora, uno dei principali agenti patogeni della vite, e al momento si trovano in serra nella sede del dipartimento di Biotecnologie a Ca’ vignal. In base alla legislazione attuale, l’editing genomico delle piante è ancora considerato soggetto alla Regolamentazione Ogm e, pertanto, non può essere testato liberamente in prove aperte né immesso sul mercato. EdiVite, prima in Italia, ha recentemente ottenuto l’autorizzazione per la sperimentazione di viti editate in campo da parte del ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica come da decreto legislativo 18 giugno 2019 n. 108.
Determinante per la nascita dello spin off è stato il sostegno di alcuni produttori del Prosecco che si sono rivolti a Edivite chiedendo di produrre una vite resistente alla malattia peronospora, una delle più importanti cause di perdita di produzione del settore.
EdiVite al momento conta 3 dipendenti e le attività sono principalmente finanziate dai produttori che sono anche soci della società e da fondi derivanti da progetti Pnrr.(30Science.com)