Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Gli obiettivi green di 20 grandi aziende si basano su previsioni troppo ottimistiche

(21 Agosto 2024)

Roma – Gli obiettivi per la neutralità climatica di 20 grandi aziende si basano su progetti di compensazione delle emissioni che potrebbero non ottenere i risultati sperati. E’ quanto emerge da uno studio guidato dalla Università di Kyoto (KyotoU) pubblicato su Nature Communications. Gli autori hanno dimostrato che le 20 aziende che hanno comprato la maggior parte dei crediti di compensazione delle emissioni dal mercato volontario del carbonio ( VCM ) negli ultimi quattro anni hanno fatto affidamento in gran parte su crediti di bassa qualità e basso costo legati a progetti che potrebbero non raggiungere gli obiettivi climatici spersati. Tra le aziende in questione figurano importanti compagnie petrolifere, compagnie aeree e aziende di aeromobili. “Crescono le preoccupazioni che molti progetti che forniscono crediti di carbonio sul VCM siano di bassa qualità e non riescano a raggiungere le riduzioni delle emissioni dichiarate dai loro sviluppatori”, afferma l’autore principale Gregory Trencher della Graduate School of Global Environmental Studies della KyotoU. Le aziende studiate detengono collettivamente più di un quinto di tutti i crediti di compensazione acquistati dai registri di compensazione del mondo. La ricerca si basa su un set di dati originale e disponibile al pubblico che traccia gli acquisti di compensazione effettuati tra il 2020 e il 2023, comprendendo i tre più grandi registri di compensazione nel VCM: il Verified Carbon Standard di Verra, il Clean Development Mechanism delle Nazioni Unite e il Gold Standard. L’analisi del team rivela che nessuna delle 20 aziende poteva affermare che una parte sostanziale dei propri crediti soddisfacesse gli standard di qualità ben noti sul VCM. Lo studio ha anche scoperto che molte aziende hanno deliberatamente preso di mira crediti economici, la maggior parte dei quali provengono da progetti implementati un decennio o più fa. Ciò indica che la maggior parte della spesa aziendale per la compensazione non è riuscita a guidare nuovi investimenti nella mitigazione del clima. “Ciò suggerisce che i problemi qualitativi irrisolti del VCM non derivano solo dal lato dell’offerta, ma anche da quello della domanda, in particolare dalle decisioni di acquisto prese dalle singole aziende”, continua Trencher. Queste conclusioni sono particolarmente preoccupanti se si considera che tutte le 20 aziende, tranne una, hanno fissato un obiettivo di emissioni nette pari a zero per il clima e molte offrono anche servizi pubblicizzati come “climaticamente neutri”, rafforzando così l’idea che molte aziende stiano facendo “greenwashing” per i propri bilanci. “Le pratiche di compensazione prevalenti sul VCM non possono essere considerate un sostituto efficace di solide politiche governative che impongono cambiamenti fisici nelle tecnologie energetiche, nelle catene di fornitura e nei modelli aziendali dei grandi emettitori”, afferma Trencher. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla