Roma – Una tecnologia le cui origini risalgono all’età del Bronzo potrebbe offrire una soluzione rapida ed economica per contribuire a raggiungere l’obiettivo climatico delle Nazioni Unite di emissioni nette pari a zero entro il 2050. E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su PNAS Nexus a firma di un team di ricercatori guidati dalla Standford University. La tecnologia prevede l’assemblaggio di mattoni che assorbono il calore in un contenitore isolato. E’ così possibile immagazzinare energia generata dall’energia solare o eolica per un uso successivo alle temperature richieste per i processi industriali. L’energia sotto forma di calore può quindi essere rilasciato quando necessario facendo passare l’aria attraverso i canali nelle pile di “mattoni refrattari”, consentendo così alle fabbriche di cemento, acciaio, vetro e carta di funzionare con energia rinnovabile anche quando vento e sole non sono disponibili. mattoni sono realizzati con gli stessi materiali dei mattoni isolanti che rivestivano forni primitivi e fornaci per la produzione del ferro migliaia di anni fa. Per ottimizzare l’accumulo di calore anziché l’isolamento, i materiali vengono combinati in quantità diverse. Oggi, circa il 17 per cento di tutte le emissioni di anidride carbonica nel mondo deriva dalla combustione di combustibili fossili per produrre calore per i processi industriali, secondo i calcoli degli autori dello studio. I ricercatori hanno deciso di esaminare l’impatto dell’uso di mattoni refrattari per immagazzinare la maggior parte del calore di processo industriale in 149 paesi in un futuro ipotetico in cui ogni paese è passato all’energia eolica, geotermica, idroelettrica e solare per tutti gli scopi energetici. Il team ha utilizzato modelli informatici per confrontare costi, esigenze di territorio, impatti sulla salute ed emissioni coinvolte in due scenari per un futuro ipotetico in cui 149 paesi nel 2050 utilizzeranno fonti rinnovabili per tutti gli scopi energetici. In uno scenario, i mattoni refrattari forniscono il 90 per cento del calore dei processi industriali. Nell’altro, non c’è alcuna adozione di mattoni refrattari o altre forme di accumulo di energia termica per i processi industriali. Nello scenario senza mattoni refrattari, i ricercatori hanno ipotizzato che il calore per i processi industriali sarebbe invece derivato da forni elettrici, riscaldatori, caldaie e pompe di calore, con batterie utilizzate per immagazzinare l’elettricità per tali tecnologie. I ricercatori hanno scoperto che lo scenario con mattoni refrattari potrebbe ridurre i costi di capitale di 1,27 trilioni di dollari nei 149 paesi rispetto allo scenario senza stoccaggio di mattoni refrattari, riducendo al contempo la domanda di energia dalla rete.(30Science.com)