Lucrezia Parpaglioni

Nasa: scoperto campo elettrico invisibile che circonda la Terra

(30 Agosto 2024)

Roma – Trovata la prima prova di un sottile, quasi impercettibile campo elettrico che circonda il pianeta Terra. A farlo ricercatori della NASA. Da quando Isaac Newton fu colpito dalla sua mela nel 1666, gli scienziati hanno cercato di capire le forze che modellano il nostro pianeta. Mentre l’attrazione gravitazionale e il campo magnetico della Terra dovrebbero essere abbastanza familiari, gli scienziati dicono ora di aver trovato un terzo campo che è “altrettanto fondamentale”. Questo “campo elettrico ambipolare” potrebbe essere responsabile dei misteriosi venti di particelle supersoniche che si sprigionano costantemente dai poli terrestri. Inoltre, i ricercatori sostengono che la scoperta potrebbe persino aiutare a spiegare perché la vita si è formata sulla Terra e in nessun altro luogo. Negli anni ’60, quando le prime navicelle spaziali iniziarono a orbitare intorno alla Terra, le agenzie spaziali cominciarono a notare strani fenomeni sopra i poli, in quanto queste venivano investite da un improvviso vento supersonico di particelle cariche che uscivano dall’atmosfera. Ma, mentre gli scienziati sanno da più di 50 anni che questi “venti polari” esistono, nessuno è ancora riuscito a spiegarne le cause. Alcune particelle potrebbero essere semplicemente riscaldate dalla luce solare non filtrata e fuoriuscire come vapore da una pentola in ebollizione. Ma altre sono più misteriose: gli scienziati hanno trovato anche un flusso costante di ioni di idrogeno che erano completamente freddi, nonostante viaggiassero a velocità supersonica. “Qualcosa doveva attirare queste particelle dall’atmosfera”, ha detto Glyn Collinson, del Goddard Space Flight Center della NASA e autore principale. I ricercatori hanno ipotizzato che le particelle potessero essere trascinate fuori dall’atmosfera da una carica elettrica a livello planetario a circa 250 km dalla superficie. A questa altitudine, gli atomi dell’atmosfera terrestre iniziano a dividersi in elettroni con carica negativa e ioni con carica positiva. Poiché gli ioni sono 1.836 più pesanti degli elettroni, dovrebbero sprofondare verso la Terra sotto l’influenza della gravità. Ma poiché hanno cariche opposte, gli elettroni e gli ioni sono legati insieme da un campo elettrico che tira in entrambe le direzioni, da cui il nome ambipolare. Come un cane che tira il guinzaglio, gli elettroni trascinano gli ioni verso l’alto contro la forza di gravità e li sollevano dall’atmosfera. Tuttavia, fino a poco tempo fa, la tecnologia per misurare questo campo semplicemente non esisteva. A partire dal 2016, i ricercatori hanno iniziato a sviluppare un razzo in grado di misurare quella che ritenevano essere una piccolissima differenza di tensione su centinaia di chilometri. Il tutto è culminato nella missione Endurance della NASA, lanciata dalla remota isola norvegese di Svalbard, a poche centinaia di chilometri a sud del Polo Nord. I ricercatori hanno dovuto raggiungere questa lontana isola perché è l’unico posto al mondo in cui è possibile rilevare il campo elettrico ambipolare. Intorno ai poli, il campo magnetico terrestre produce “linee di campo aperte” che si dirigono verso lo spazio anziché formare anelli chiusi. “Il campo è generato dagli elettroni, che hanno una certa pressione termica che permette loro di salire ad altitudini più elevate sulle linee di campo aperte”, ha affermato Suzanne Imber, fisica spaziale dell’Università di Leicester, Regno Unito. “Gli elettroni sono legati al campo magnetico, quindi questo è rilevabile solo sopra i poli, perché le alte latitudini magnetiche sono il punto in cui le linee di campo vanno dalla superficie allo spazio”, ha continuato Imber. “La sfida è resa ancora più ardua dal fatto che queste linee di campo non rimangono nello stesso punto, ma si muovono continuamente; è un po’ un disastro se si sbaglia e non si lancia il razzo nel momento giusto: si ha una sola possibilità di fare l’esperimento”, ha aggiunto Imber. Nonostante le linee di campo mutevoli e le bufere di neve, la squadra di scienziati è riuscita a lanciare il razzo in un volo suborbitale l’11 maggio 2022. Endurance, che prende il nome dalle spedizioni polari di Ernest Shackleton, ha volato fino a un’altitudine di 477,23 miglia, ovvero 768,03 km, precipitando 19 minuti dopo nel Mare di Groenlandia. Nelle 322 miglia, o 518 km, di altitudine su cui Endurance ha raccolto dati, ha trovato un potenziale di carica elettrica di soli 0,55 volt. “Mezzo volt non è quasi nulla, è solo la forza di una batteria di orologio, ma è la quantità giusta per spiegare il vento polare”, ha dichiarato Collinson. Anche se questa forza è molto piccola, in un’area così vasta, secondo i ricercatori, è questa responsabile dell’aumento dell’altezza della ionosfera, uno strato dell’atmosfera, del 271%. “È come un nastro trasportatore che solleva l’atmosfera nello spazio”, ha spiegato Collinson. Poiché questo campo è stato scoperto da poco, i ricercatori non sono ancora sicuri dell’effetto che potrebbe avere sullo sviluppo della Terra, ma le conseguenze potrebbero essere enormi. I dati suggeriscono che potrebbe essere parte del motivo per cui la Terra ha ancora acqua mentre pianeti come Venere e Marte si sono prosciugati. Nel 2016, la missione Venus Express dell’Agenzia Spaziale Europea ha scoperto che la ionosfera di Venere genera un potenziale di 10 volt intorno all’intero pianeta. Quando l’intensa luce solare scinde gli ioni di ossigeno con carica positiva dall’idrogeno dell’acqua, questa carica potrebbe averli risucchiati nello spazio, come un’aspirapolvere di dimensioni planetarie. Nel corso del tempo, questo processo potrebbe aver svuotato tutta l’acqua di Venere nello spazio, lasciando il pianeta come un deserto sterile. Poiché il campo elettrico ambipolare della Terra è molto più debole, questo potrebbe far parte dell’insieme di fattori che determinano se un pianeta è abitabile a lungo termine. “Qualsiasi pianeta con un’atmosfera dovrebbe avere un campo ambipolare”, ha osservato Collinson. “Ora che finalmente lo abbiamo misurato, possiamo iniziare a capire come ha modellato il nostro pianeta e altri nel corso del tempo”, ha concluso Collinson. (30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.