Lucrezia Parpaglioni

Gli schizzi di Keplero risolvono i misteri solari dopo 400 anni

(26 Luglio 2024)

Roma – I disegni delle macchie solari di Johannes Keplero, ormai semidimenticati, hanno rivelato informazioni precedentemente nascoste sui cicli solari prima del grande minimo solare. Ricreando le condizioni delle osservazioni del grande astronomo e applicando la legge di Spörer alla luce della statistica moderna, un gruppo internazionale di ricercatori, guidato dall’Università di Nagoya, in Giappone, ha misurato la posizione del gruppo di macchie solari di Keplero, collocandolo nella coda del ciclo solare precedente al ciclo di cui furono testimoni Thomas Harriot, Galileo Galilei e altri primi osservatori telescopici. I risultati del gruppo, riportati su Astrophysical Journal Letters, offrono una chiave per risolvere la controversia sulla durata dei cicli solari all’inizio del diciassettesimo secolo, che sono associati alla transizione dai cicli solari regolari al grande minimo solare, noto come minimo di Maunder, avvenuto tra il 1645 e il 1715. Un grande minimo solare è un periodo anormalmente prolungato di bassa attività delle macchie solari, che è importante per spiegare ai ricercatori l’attività solare e il suo effetto sulla Terra. Keplero, famoso per i suoi successi storici in astronomia e matematica, realizzò una delle prime registrazioni strumentali databili dell’attività solare all’inizio del diciassettesimo secolo, antecedentemente ai primi disegni telescopici delle macchie solari. Utilizzò un apparecchio noto come camera oscura, che consisteva in un piccolo foro in un muro per proiettare l’immagine del Sole su un foglio di carta, che gli ha permesso di disegnare le caratteristiche visibili del Sole. Nel maggio 1607 registrò quello che interpretò erroneamente come un transito di Mercurio sul Sole, poi chiarito come avvistamento di un gruppo di macchie solari.

Un gruppo di macchie solari osservate a occhio nudo l’11 maggio 2024, fotografato da ©︎ ETH Teague, uno degli autori del suddetto articolo
CREDITO
ETH di Teague

Le macchie solari sono aree della superficie del Sole che appaiono più scure a causa di un’intensa attività magnetica. La loro comparsa, frequenza e distribuzione latitudinale si manifestano in cicli che influenzano la radiazione solare e il tempo spaziale. Hisashi Hayakawa, autore principale dello studio, ritiene che i ricercatori abbiano sottovalutato l’importanza di questa scoperta. “Poiché questa registrazione non era un’osservazione telescopica, è stata discussa solo nel contesto della storia della scienza e non è stata utilizzata per analisi quantitative dei cicli solari nel diciassettesimo secolo”, ha detto Hayakawa. “Ma questo è il più antico schizzo delle macchie solari mai realizzato con un’osservazione strumentale e una proiezione”, ha continuato Hayakawa. “Ci siamo resi conto che questo disegno della macchia solare dovrebbe essere in grado di dirci la posizione della macchia solare e di indicare la fase del ciclo solare nel 1607, a patto di riuscire a restringere il punto e l’ora di osservazione e di ricostruire l’inclinazione delle coordinate eliografiche, cioè le posizioni degli elementi sulla superficie del Sole in quel momento”, ha spiegato Hayakawa. Il diciassettesimo secolo è stato un periodo cruciale del ciclo solare, non solo perché le osservazioni delle macchie solari erano appena iniziate, ma anche perché l’attività solare passava dai normali cicli solari al minimo di Maunder, un grande minimo solare unico nella storia delle osservazioni. Non è del tutto chiaro come lo schema dell’attività solare sia passato da cicli regolari al grande minimo, se non che la transizione è stata graduale. Una delle precedenti ricostruzioni basate sugli anelli degli alberi sosteneva una sequenza composta da un ciclo solare estremamente breve, di 5 anni, e da un ciclo solare estremamente lungo, di 16 anni, associando queste durate anomale dei cicli solari a un precursore della transizione dai cicli solari regolari al grande minimo solare. “Se fosse vero, sarebbe davvero interessante”, ha affermato Hayakawa. “Tuttavia, un’altra ricostruzione basata sugli anelli degli alberi indica una sequenza di cicli solari di durata normale”, ha osserato Hayakawa, dell’Università di Nagoya. “Allora, di quale ricostruzione dovremmo fidarci? È estremamente importante verificare queste ricostruzioni con dati indipendenti, preferibilmente osservativi”, ha evidenziato Hayakawa. Il record delle macchie solari di Keplero è un riferimento osservativo fondamentale. Analizzando le registrazioni di Keplero e confrontandole con i dati contemporanei e le statistiche moderne, i ricercatori hanno fatto diverse scoperte importanti. In primo luogo, dopo aver “deproiettato” i disegni delle macchie solari di Keplero e compensato l’angolo di posizione solare, hanno collocato il gruppo di macchie solari di Keplero a una bassa latitudine eliografica. Ciò suggerisce che il famoso disegno schematico dell’immagine solare che Keplero ha tracciato nel suo libro non è coerente con il testo originale di Keplero e con le due immagini della camera oscura, che mostrano la macchia solare nella parte superiore sinistra del disco solare. In secondo luogo, applicando la legge di Spörer e le conoscenze acquisite dalle moderne statistiche sulle macchie solari, hanno identificato il gruppo di macchie solari come probabilmente situato nella coda del ciclo solare -13 piuttosto che all’inizio del ciclo solare -14. In terzo luogo, i risultati contrastano con le osservazioni telescopiche successive, che mostrano macchie solari a latitudini più elevate. “Questo mostra una tipica transizione dal ciclo solare precedente a quello successivo, in accordo con la legge di Spörer”, ha dichiarato Thomas Teague, osservatore del WDC SILSO e membro della squadra di ricerca, riferendosi all’astronomo tedesco Gustav Spörer che descrisse una migrazione delle macchie solari dalle latitudini più alte a quelle più basse durante un ciclo solare. In quarto luogo, questa scoperta permette agli autori di approssimare la transizione tra il ciclo solare precedente, -14, e quello successivo, -13, tra il 1607 e il 1610, restringendo le possibili date in cui si è verificata. Su questa base, le registrazioni di Keplero suggeriscono una durata regolare per il ciclo solare-13, sfidando le ricostruzioni alternative che propongono un ciclo estremamente lungo durante questo periodo. “L’eredità di Keplero va al di là della sua abilità osservativa; essa informa i dibattiti in corso sulla transizione dai cicli solari regolari al minimo di Maunder, un periodo di attività solare estremamente ridotta e di asimmetria emisferica anomala tra il 1645 e il 1715”, ha spiegato Hayakawa. “Collocando i risultati di Keplero all’interno di ricostruzioni più ampie dell’attività solare, gli scienziati ottengono un contesto cruciale per interpretare i cambiamenti nel comportamento solare in questo periodo cruciale che segna la transizione dai cicli solari regolari al grande minimo solare”, ha aggiunto Hayakawa. “Keplero ha contribuito a molti punti di riferimento storici nell’astronomia e nella fisica del diciassettesimo secolo, lasciando la sua eredità anche nell’era spaziale”, ha specificato Hayakawa. “Qui ci aggiungiamo a tutto ciò dimostrando che le registrazioni delle macchie solari di Keplero precedono di diversi anni le registrazioni telescopiche esistenti delle macchie solari del 1610”, ha proseguito Hayakawa. “I suoi schizzi delle macchie solari sono una testimonianza del suo acume scientifico e della sua perseveranza di fronte alle limitazioni tecnologiche”, ha notato Hayakawa., ha “Come mi ha detto uno dei miei colleghi, è affascinante vedere come i documenti ereditati da personaggi storici trasmettano implicazioni scientifiche cruciali agli scienziati moderni anche a distanza di secoli”, ha aggiunto Sabrina Bechet, ricercatrice presso l’Osservatorio Reale del Belgio. “Dubito che potessero immaginare che i loro documenti sarebbero stati utili alla comunità scientifica molto più tardi, ben dopo la loro morte”, ha precisato Bechet. “Abbiamo ancora molto da imparare da queste figure storiche, a parte la storia della scienza stessa e, nel caso di Keplero, siamo sulle spalle di un gigante della scienza”, ha concluso Bechet.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.