Lucrezia Parpaglioni

Gli “incendi” vulcanici in Islanda originati dal magma sotto la crosta terrestre

(31 Luglio 2024)

Roma – L’eruzione del vulcano Fagradalsfjall, in Islanda, ha avuto inizio da un massiccio accumulo di magma al di sotto della crosta terrestre, il che si pone in antitesi alle ipotesi iniziali di risalita del magma direttamente dal mantello. Lo dimostra uno studio guidato geologo dell’Oceanografia di Scripps, James Day, pubblicato sulla rivista Nature. Gli scienziati dello Scripps Institution of Oceanography dell’UC San Diego hanno, infatti, rilevato le tracce geochimiche del ristagno e della fusione del magma nel sottosuolo durante gli “incendi di Fagradalsfjall”, iniziati nel 2021 nella penisola islandese di Reykjanes. Il campionamento continuo delle lave eruttate dal vulcano Fagradalsfjall ha permesso un’analisi dettagliata delle serie temporali dei segnali geochimici.“Raccogliendo campioni di lava a intervalli regolari e misurandone la composizione in laboratorio, possiamo capire cosa alimenta il vulcano in profondità”, ha dichiarato Day. “È un po’ come effettuare misurazioni regolari del sangue di una persona, ma in questo caso, il ‘sangue’ del vulcano sono le lave fuse che si sprigionano in modo così spettacolare”, ha continuato Day, he assieme agli studenti dello Scripps Oceanography e a colleghi di oltreoceano ha studiato le lave basaltiche di altre recenti eruzioni vulcaniche, oltre a quella dell’Islanda. Tra queste, l’eruzione del 2021 del vulcano Tajogaite sull’isola di La Palma nelle Canarie e l’eruzione del 2022 del Mauna Loa nelle Hawaii. Gli scienziati hanno trovato prove di un simile accumulo di magma sotto La Palma. “Ciò che rende l’eruzione dell’Islanda così degna di nota è l’enorme segnale di crosta all’interno delle prime lave”, ha affermato Day. “Insieme ai nostri studi su La Palma, questo suggerisce che l’accumulo di magma crostale può essere un processo comune coinvolto nella preparazione di grandi eruzioni basaltiche come quelle in Islanda o nelle Isole Canarie”, ha proseguito Day. “Queste informazioni saranno importanti per la comprensione del rischio vulcanico in futuro poiché potrebbero aiutare a prevedere l’attività vulcanica”, ha aggiunto Day. Studi precedenti avevano suggerito che gli incendi di Fagradalsfjall eruttassero dalla superficie senza interazione con la crosta. La squadra di ricerca di Day, che comprende la studentessa, Savannah Kelly, dell’UC San Diego, ha utilizzato la composizione isotopica dell’elemento osmio per capire cosa stesse accadendo sotto il vulcano. “L’utilità di usare l’osmio – ha spiegato Day – è che uno dei suoi isotopi è prodotto dal decadimento radiogenico di un altro metallo, il renio”. “Poiché gli elementi si comportano in modo diverso durante la fusione, uno degli elementi, il renio, si arricchisce nella crosta terrestre”, ha precisato Day, che assieme ai suoi colleghi ha sfruttato i comportamenti distinti di renio e osmio per dimostrare che le prime lave degli incendi di Fagradalsfjall erano contaminate dalla crosta terrestre. La Terra può essere suddivisa in una serie di strati. La parte più profonda è il nucleo metallico. Gli strati più superficiali sono l’atmosfera, l’oceano e la crosta rocciosa. Tutti gli esseri umani vivono sulla crosta, dominata da rocce come il granito o il basalto, come le lave islandesi. Tra il nucleo e la crosta si trova il vasto mantello della Terra. Questo strato di mantello è il luogo in cui avviene la fusione per produrre i magmi che alimentano i vulcani come quelli islandesi. Studi precedenti sulle recenti eruzioni vulcaniche sulla cresta di Reykjanes avevano utilizzato altre impronte geochimiche per studiare le lave. Queste impronte suggerivano solo il contributo del mantello alle lave. Gli isotopi dell’osmio sono altamente sensibili alla crosta e hanno permesso di identificare senza ambiguità la sua aggiunta alle prime lave. “Il lavoro è iniziato come esperienza di ricerca universitaria per Savannah e ci aspettavamo di vedere le firme del mantello nelle lave durante tutta l’eruzione”, ha raccontato Day. “Potete immaginare il nostro stupore quando, seduti davanti allo spettrometro di massa che misurava i primi campioni, abbiamo visto evidenti segnali di crosta al loro interno”, ha commentato Day. Il gruppo di scienziati ha analizzato le lave eruttate dal vulcano Fagradalsfjall nel 2021 e nel 2022. Le lave del 2021 erano contaminate da crosta, quelle del 2022 no. I ricercatori sono giunti alla concclusione che le prime lave si trovavano nella crosta e che l’interazione con la crosta può aver contribuito a innescare l’eruzione. “In seguito, sembra che il magma delle eruzioni successive abbia utilizzato percorsi preesistenti per raggiungere la superficie”, ha affermato Day, che assieme ai suoi colleghi intende continuare il lavoro sull’Islanda e su altre eruzioni basaltiche anche in futuro. Le precedenti eruzioni nella penisola di Reykjanes sono durate per secoli. “Sembra che gli ‘incendi’ vulcanici in Islanda mi sopravviveranno”, ha dichiarato Day. “Le eruzioni che probabilmente continueranno in quel luogo forniranno un tesoro di importanti informazioni scientifiche sul funzionamento dei vulcani e sui rischi ad essi associati”, ha sottolineato Day. “Il nostro studio dimostra che l’inizio dell’eruzione non è stato solo visivamente spettacolare, ma anche geochimicamente”, ha concluso Day.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.