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Un racconto arabo del Trecento ha alimentato per secoli i miti sulla diffusione della Peste Nera

(6 Novembre 2025)

Roma – L’idea che la peste nera si sia diffusa rapidamente dall’Asia lungo la Via della Seta nasce da un singolo racconto poetico del XIV secolo, poi travisato come cronaca storica. È quanto emerge da uno studio dell’Università di Exeter pubblicato sul Journal of Arabic and Islamic Studies, che attribuisce al poeta arabo Ibn al-Wardī, autore di una maqāma composta ad Aleppo nel 1348, la genesi del mito della “rapida propagazione” della pandemia. La maqāma, un genere narrativo in prosa rimata diffuso nella letteratura araba medievale, descrive la peste come un viaggiatore che in quindici anni attraversa la Cina, l’India, l’Asia centrale e infine il Mediterraneo. Il testo, destinato a essere letto come allegoria morale, fu però interpretato come un resoconto reale del contagio e inserito nelle cronache arabe e poi europee del tardo Medioevo. I ricercatori Muhammed Omar e Nahyan Fancy hanno dimostrato che “tutte le ricostruzioni errate sul percorso della peste derivano da questo testo”, privo di riscontri in altre fonti coeve. L’interpretazione letterale della maqāma ha dato origine alla cosiddetta “teoria della rapida diffusione”, secondo cui il batterio della peste avrebbe percorso oltre 3.000 chilometri in meno di un decennio, dalla regione del Kirghizistan fino al Mar Nero e al Mediterraneo. Lo studio mostra che questo scenario non trova alcun fondamento documentario, ma è il frutto di un equivoco storico consolidato nei secoli. Secondo gli autori, la lettura corretta della maqāma restituisce invece la sua funzione originaria: offrire una narrazione simbolica e catartica in un’epoca di morte e disorientamento. Il testo diventa così una finestra sulle strategie culturali con cui le società islamiche del Trecento affrontarono la crisi, trasformando la sofferenza in racconto e la paura in memoria condivisa. Come durante la pandemia di Covid-19, spiegano i ricercatori, la creatività servì allora come mezzo di elaborazione collettiva. “Queste maqāme non descrivono la diffusione della peste – osservano – ma mostrano come le persone abbiano vissuto la tragedia”.(30Science.com)

 

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