Roma – Scoperto un vastissimo sistema di campi agricoli risalenti a circa mille anni fa nella Penisola Superiore del Michigan, lungo il fiume Menominee, nel sito archeologico di Sixty Islands. A farlo uno studio condotto da un gruppo di ricerca del Dartmouth College, guidato da Madeleine McLeester, pubblicato su Science. La scoperta costringe a rivedere radicalmente le conoscenze sull’agricoltura precoloniale nell’America del Nord e sulle capacità organizzative delle società native.
- I dati Lidar hanno rilevato altre caratteristiche culturali nel sito archeologico di Sixty Islands, oltre alle creste dei campi agricoli, tra cui: A) un arena da danza di recente documentazione; B) le fondamenta di un edificio storico; C) un campo di disboscamento del XIX secolo; D) tumuli funerari saccheggiati; E) resti di tumuli funerari precedentemente sconosciuti nel gruppo di tumuli di Backlund; e F) un tumulo funerario. Credito Immagini Lidar di Carolin Ferwerda e Jesse Casana.
- La mappa mostra Sixty Islands e altri siti archeologici lungo il fiume Menominee, nonché l’area del rilievo lidar. Credito Mappa di Carolin Ferwerda.
- Si stima che i letti agricoli rialzati coprano circa il 70% dell’area di rilevamento lidar nel sito archeologico di Sixty Islands, lungo il fiume Menominee. Credito Foto di Madeleine McLeester.
La Penisola Superiore del Michigan è notoriamente un ambiente ostile all’agricoltura, a causa del clima freddo, della breve stagione vegetativa e delle fitte foreste. Eppure, i ricercatori hanno documentato la presenza di un sistema di campi rialzati, costituiti da aiuole alte 10-30 cm, estese su circa il 70% dell’area rilevata tramite lidar, tecnologia laser di telerilevamento, per una superficie indagata di 330 acri, circa il 40% del sito totale. Questi campi venivano coltivati con mais, fagioli, zucca e altre piante dagli antenati della tribù Menominee. McLeester sottolinea come la scala di questo sistema agricolo sia dieci volte superiore a quanto stimato in precedenza, suggerendo un livello di organizzazione del lavoro tipico di società molto più gerarchiche di quanto si pensasse per la regione. Tuttavia, le evidenze archeologiche suggeriscono che si trattasse di comunità egualitarie, ma forse più estese e complesse di quanto finora riconosciuto. La squadra di ricerca ha utilizzato droni equipaggiati con lidar per mappare con altissima risoluzione il terreno sotto la fitta copertura forestale, rivelando una trama di creste parallele e motivi simili a trapunte che si estendono nel paesaggio. Le creste, orientate in varie direzioni, suggeriscono decisioni individuali degli agricoltori piuttosto che scelte imposte da fattori ambientali. Oltre alle strutture agricole, il lidar ha permesso di individuare anche un’arena da danza circolare, le fondamenta di un edificio rettangolare (forse un avamposto coloniale), campi di disboscamento ottocenteschi, tumuli funerari saccheggiati e altri precedentemente sconosciuti, inclusi alcuni su terreni oggi privati. Gli scavi condotti nell’agosto 2023 su tre crinali agricoli hanno permesso, tramite datazione al radiocarbonio, di stabilire che queste strutture sono state ricostruite e utilizzate per circa 600 anni, a partire dall’anno 1000. I reperti recuperati (carbone, ceramica, manufatti) suggeriscono l’uso di compost e il miglioramento del suolo tramite materiali organici e terre umide. Il sito di Sixty Islands fa parte di Anaem Omot, “pancia del cane” in lingua Menominee, un complesso di siti archeologici che comprende villaggi e tumuli funerari, già oggetto di ricerche dagli anni ’50. La collaborazione con la tribù Menominee, rappresentata da David Grignon e dal compianto David Overstreet, è stata fondamentale per la documentazione e la tutela del sito. “Le comunità ancestrali dei Menominee stavano modificando il suolo per rielaborare completamente la topografia, al fine di piantare e raccogliere il mais nella zona più settentrionale possibile”, ha detto McLeester. “Questo sistema agricolo era un’impresa colossale che richiedeva molta organizzazione, manodopera e know-how”, ha aggiunto McLeester. “La ricerca offre una rara finestra sulla conservazione dell’agricoltura precoloniale, spesso cancellata dall’uso intensivo del suolo negli ultimi secoli”, ha aggiunto Jesse Casana, autore senior e professore di antropologia. I risultati suggeriscono che sistemi simili di campi rialzati potrebbero essere stati molto più diffusi di quanto si pensasse nell’America del Nord orientale, e mettono in discussione anche la storia forestale della regione, che potrebbe essere stata molto più aperta e coltivata in passato. Il gruppo di ricerca continuerà a collaborare con la tribù Menominee per mappare ulteriormente il sito e individuare altri villaggi ancestrali, ampliando la comprensione di una tradizione agricola sofisticata e finora sottovalutata.(30Science.com)