Lucrezia Parpaglioni

Spiegato il magnetismo di alcune rocce lunari

(26 Maggio 2025)

Roma – Un impatto di grandi dimensioni potrebbe aver amplificato brevemente il debole campo magnetico della luna, creando un picco momentaneo che è stato registrato in alcune rocce lunari. Lo rivela uno studio guidato dagli scienziati del MIT, riportato su Science Advances. Il mistero del magnetismo lunare ha affascinato la comunità scientifica per decenni. Nonostante la Luna oggi non possieda un campo magnetico intrinseco, le sonde spaziali e i campioni riportati dalle missioni Apollo hanno evidenziato tracce di forti campi magnetici residui, soprattutto nelle rocce del lato nascosto. La spiegazione tradizionale, un’antica dinamo interna, non giustifica la presenza di rocce altamente magnetizzate, data la debolezza del presunto campo lunare rispetto a quello terrestre. Il nuovo studio propone un meccanismo alternativo e verificabile: la combinazione di un debole campo magnetico lunare e di un impatto di grandi dimensioni, come quello che ha formato il bacino di Imbrium, che avrebbe temporaneamente amplificato il magnetismo locale grazie alla generazione di una nube di plasma. Attraverso simulazioni numeriche avanzate, il gruppo di ricerca ha dimostrato che un impatto gigantesco può vaporizzare materiale superficiale, creando una nube di particelle ionizzate, plasma, che si espande attorno alla Luna e si concentra nel punto diametralmente opposto all’impatto. In questa regione, il plasma interagisce con il campo magnetico preesistente, amplificandolo per un brevissimo periodo, circa 40 minuti secondo le simulazioni. Un aspetto innovativo dello studio riguarda il modo in cui le rocce lunari avrebbero potuto “registrare” questo picco magnetico momentaneo. L’impatto genera un’onda di pressione che attraversa la Luna, raggiungendo il lato opposto e destabilizzando temporaneamente gli elettroni nelle rocce. In questo stato, gli spin elettronici si riallineano secondo il nuovo campo magnetico amplificato, memorizzando così il segnale del picco. Benjamin Weiss, del MIT e coautore dello studio, paragona il processo a un mazzo di carte lanciato in aria in presenza di un campo magnetico: quando le carte ricadono, si orientano secondo il campo, proprio come gli elettroni nelle rocce lunari. Questa ipotesi spiega la presenza di rocce fortemente magnetizzate vicino al polo sud del lato nascosto della Luna, in corrispondenza della regione opposta al bacino di Imbrium. Il modello integra le due principali teorie precedenti, dinamo interna e impatti, suggerendo che entrambe abbiano contribuito al magnetismo lunare. Il lavoro di Isaac Narrett, del MIT, e colleghi, sostenuto dalla NASA e realizzato grazie alle risorse computazionali del MIT SuperCloud, apre la strada a verifiche sperimentali: future missioni, come Artemis, potrebbero campionare direttamente le rocce delle regioni interessate, cercando tracce di urto e magnetizzazione anomala. “Per decenni si è discusso se il magnetismo lunare derivasse da impatti o da una dinamo; ora, il nostro studio suggerisce che la risposta sia una combinazione di entrambi i processi, e questa è un’ipotesi finalmente verificabile”, ha detto Rona Oran, del MIT.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.