Roma – Le politiche dell’UE e degli stati nazionali europei sulla pesca non sono sostenibili e vanno profondamente ripensate. E’ quanto emerge da uno studio guidato dal GEOMAR Helmholtz Centre for Ocean Research Kiel e dall’Università di Kiel, i cui risultati sono stati pubblicati su Science. I ricercatori si sono concentrati sui mari dell’Europa settentrionale come caso di studio, con particolare attenzione al Mar Baltico occidentale. “Abbiamo analizzato i problemi e abbiamo concluso che sono causati da miopi richieste nazionali di maggiori catture non sostenibili, compromettendo tutti i livelli del processo decisionale”, afferma l’autore principale, il Dott. Rainer Froese, esperto di pesca presso GEOMAR. “Anche fattori ambientali come il riscaldamento delle acque e la perdita di ossigeno giocano un ruolo, ma la pesca eccessiva è così forte che da sola è sufficiente a far collassare gli stock”. Aggiunge: “Proponiamo un nuovo approccio alla gestione della pesca nell’UE che supererebbe i problemi, sarebbe fattibile nel rispetto della legislazione vigente e porterebbe a una pesca redditizia a partire da stock ittici sani nel giro di pochi anni”. La Politica Comune della Pesca (CFP) dell’UE si basa sulla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), che stabilisce che le popolazioni ittiche devono essere mantenute o ripristinate a livelli tali da consentire il massimo livello di catture sostenibile. Nell’Europa settentrionale, questo obiettivo viene attuato attraverso totali ammissibili di cattura (TAC) giuridicamente vincolanti, che sono suggeriti scientificamente dal Consiglio Internazionale per l’Esplorazione del Mare (ICES), un’organizzazione intergovernativa con gruppi di lavoro composti principalmente da scienziati provenienti da istituzioni nazionali per la pesca. Sulla base di questo parere, la Commissione europea propone quote annuali, che vengono poi discusse con gli Stati membri e le parti interessate. Infine, il Consiglio dei Ministri della Pesca dell’UE decide le quote totali ammissibili di cattura giuridicamente vincolanti per l’anno successivo. Purtroppo, questo processo si traduce spesso in quote che vengono aumentate a ogni passo, con conseguenze dannose per gli stock ittici. Il Mar Baltico occidentale è da questo punto di visto una finestra fondamentale sulle dinamiche tra pesci e pesca: un ecosistema relativamente semplice per il quale sono disponibili dati estesi e la cui pesca è sotto il controllo esclusivo dell’UE. “Il Baltico occidentale è dominato da tre specie di importanza commerciale: merluzzo, aringa e platessa”, spiega il Prof. Dr. Thorsten Reusch, responsabile della Divisione di Ricerca in Ecologia Marina di GEOMAR. “La pesca eccessiva di merluzzo e aringa, che dura da tempo, ha portato al recente crollo di queste attività di pesca, mentre pesci piatti come platessa, platessa di mare e limanda – meno richiesti e pescati in modo meno intensivo – hanno mostrato stock di dimensioni stabili o addirittura in aumento”. Nel 2022, complessivamente, meno di un decimo di quanto avrebbe potuto essere catturato in modo sostenibile da stock sani è stato effettivamente sbarcato. Reusch continua: “Sono i pescatori costieri su piccola scala a soffrire di più, spesso senza aver fatto nulla di sbagliato, se non forse affidandosi ad associazioni di pescatori che hanno fatto pressioni per quote insostenibili”. Per gestire le catture in modo sostenibile, come detto, il Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (ICES) fornisce consulenza sulla quantità di pesce di una determinata specie che può essere estratta annualmente senza compromettere la sostenibilità a lungo termine dello stock. Tuttavia, le valutazioni dell’ICES hanno ripetutamente sovrastimato le dimensioni degli stock per l’anno successivo, per le quali si sarebbero dovute consigliare catture sostenibili. Queste proiezioni eccessivamente ottimistiche suggerivano che gli stock ittici si stessero riprendendo e avrebbero potuto sostenere catture molto più elevate, quando, in realtà, erano stagnanti o in calo. “Stiamo parlando di ‘recuperi fantasma'”, afferma Froese, “recuperi che erano stati previsti ma che non si sono mai verificati”. Sulla base dei già eccessivi consigli dell’ICES, la Commissione Europea ha spesso proposto limiti di cattura ancora più elevati, che i ministri del Consiglio dell’UE hanno solitamente approvato, o talvolta ulteriormente aumentato. Di conseguenza, le quote ufficiali hanno permesso la cattura di una quantità di pesce molto superiore a quella che gli stock potevano ricostituire. In alcuni anni persino superiore alla quantità di pesce presente in acqua. Questo processo favorisce nettamente catture più elevate in ogni fase, portando a catture totali ammissibili (TAC) che spesso superano la capacità di cattura dei pescatori. Come osserva Froese: “È interessante notare che le catture effettive spesso rimanevano al di sotto di queste quote gonfiate, semplicemente perché i pescatori smettevano di pescare quando il costo della cattura dell’ultimo pesce superava il valore del pescato”. La Politica Comune della Pesca (CFP) prevedeva esplicitamente il 2020 come termine ultimo per porre fine alla pesca eccessiva – un obiettivo chiaramente mancato, come sottolinea Thorsten Reusch. “L’Europa deve svolgere un ruolo guida rendendo sostenibile la propria pesca se vuole incoraggiare altre regioni del mondo ad adottare pratiche di pesca sostenibili”. Il suo appello: “L’UE deve prendere sul serio i suoi obiettivi di sostenibilità e attuare la CFP secondo gli obiettivi dichiarati, con urgenza”. Per rendere il processo più trasparente e garantire la responsabilità, i ricercatori propongono di creare una nuova istituzione politicamente indipendente con il chiaro mandato di fornire stime scientifiche affidabili del massimo pescato annuo sostenibile per ogni stock, in linea con i principi della gestione della pesca basata sugli ecosistemi (EBFM). Ciò consentirebbe all’UE di attuare finalmente le proprie leggi e porre fine efficacemente alla pesca eccessiva.(30Science.com)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla
La politica UE sulla pesca non è sostenibile e va urgentemente ripensata
(23 Maggio 2025)
Gianmarco Pondrano d'Altavilla