Roma – Una dieta “non industrializzata”, a base vegetale ma non vegetariana, che imita i regimi alimentari delle antiche comunità rurali, in particolare delle popolazioni della Papua Nuova Guinea, può ridurre il rischio di molte malattie croniche, quali obesità, diabete e malattie cardiache, con significativi miglioramenti metabolici e immunologici in solo tre settimane. Lo dimostra uno studio della University College Cork, in Irlanda, pubblicato su Cell, in cui i partecipanti sono stati invitati a consumare la dieta NiMeTM (Non-industrialized Microbiome Restore) messa a punto dai ricercatori: un regime alimentare a base vegetale, ma non vegetariano, composto principalmente da verdure, legumi e altri alimenti vegetali integrali e da una piccola porzione di proteine animali al giorno (salmone, pollo o maiale), senza latticini, manzo o grano, esclusi perché non presenti fra gli alimenti tradizionali consumati dagli abitanti rurali della Papua Nuova Guinea, molto povera di cibi trasformati ad alto contenuto di zucchero e grassi saturi e ricco di fibre, pari ad almeno 22 grammi per 1.000 calorie, superando le attuali raccomandazioni dietetiche. In sole tre settimane la dieta NiMeTM avrebbe favorito la perdita di peso, la riduzione del colesterolo cattivo del 17%, della glicemia del 6% e della proteina C-reattiva (un marcatore di infiammazione e malattie cardiache) del 14%. Questi miglioramenti hanno favorito anche cambiamenti positivi nel microbioma intestinale, i trilioni di batteri che svolgono un ruolo fondamentale per la salute, influenzando la digestione, l’immunità e il metabolismo. “L’industrializzazione, anche degli alimenti, ha avuto un impatto drastico sul microbioma intestinale, aumentando probabilmente il rischio di malattie croniche” spiega il Professor Jens Walter, scienziato di spicco presso l’University College Cork “e ciò ci ha portato a sviluppare una dieta che imita le abitudini alimentari tradizionali e non industrializzate e che sarebbe in grado di spiegare le interazioni dieta-microbioma. I partecipanti hanno seguito la dieta NiMeTM e hanno consumato L. reuteri, un batterio benefico prevalente nell’intestino dei papuani della Nuova Guinea ma raramente presente nei microbiomi industrializzati”. Lo studio ha dimostrato che la dieta NiMeTM può contribuire a migliorare anche la persistenza a breve termine di L. reuteri nell’intestino e a correggere alcune caratteristiche del microbioma danneggiato dall’industrializzazione, ad esempio riducendo i batteri pro-infiammatori e i geni batterici che degradano lo strato di muco nell’intestino. In precedenti studi il Professor Walter aveva osservato che il microbioma intestinale degli abitanti della Papua Nuova Guinea rurale era molto diversificato, più ricco di batteri buoni grazie alle fibre alimentari e con minori batteri pro-infiammatori legati alla dieta occidentale, con effetti benefici anche sui marcatori cardiometabolici associati al rischio di malattie croniche. Sebbene la dieta NiMe non abbia ridotto le calorie consumate, i partecipanti hanno perso peso e la dieta da sola ha portato a notevoli benefici cardiometabolici. “Queste informazioni potrebbero essere utilizzate per la messa a punto di future linee guida dietetiche e per lo sviluppo di nuovi prodotti alimentari e ingredienti, nonché di terapie che agiscono sul microbioma”. Le ricette della dieta NiMe saranno pubblicate sulle pagine Instagram (@nimediet) e Facebook e successivamente incluse in un libro di cucina online.(30Science.com)
Francesca Morelli
Una dieta a base vegetale ma non vegetariana può ridurre il rischio di malattie croniche
(24 Gennaio 2025)
Francesca Morelli