Roma – Per la prima volta, è stato rintracciato un lampo radio veloce (FRB) nella periferia di un’antica galassia ellittica morta, una dimora senza precedenti per un fenomeno finora associato a centri di formazione stellare. A descrivere questo curioso risultato su The Astrophysical Journal Letters gli scienziati della Northwestern University e della McGill University, che hanno pubblicato due articoli per rendere note le proprie scoperte. Questi risultati, commentano gli autori, screditano le ipotesi precedenti secondo cui gli FRB provengano esclusivamente da regioni di formazione stellare attiva. Le prove osservative suggeriscono invece che questi misteriosi eventi cosmici potrebbero avere origini più diversificate di quanto teorizzato finora. I lampi radio veloci, spiegano gli esperti, sono brevi e potenti esplosioni radio che generano enormi quantità di energia in un’unica rapida esplosione. Il primo gruppo di ricerca, guidato da Tarraneh Eftekhari, ha analizzato i dati associati al FRB 20240209A, identificato per la prima volta nel febbraio 2024. La stessa fonte ha prodotto 21 impulsi tra febbraio e luglio 2024. I ricercatori hanno individuato la posizione dell’FRB, utilizzando i telescopi degli osservatori WM Keck e Gemini per esplorare l’ambiente circostante l’evento. Questo approccio ha permesso agli astronomi di individuare una galassia vecchia di 11,3 miliardi di anni, a due miliardi di anni luce dalla Terra. “I fenomeni astronomici sono così interessanti anche per questo – afferma Wen-fai Fong della Northwestern University, autore senior di entrambi i paper – proprio quando si pensa di averli decifrati, tendono a sorprenderci”. Il team ha utilizzato computer ad alte prestazioni per eseguire simulazioni relative alla galassia ospite. I dati indicano che la galassia è estremamente luminosa e incredibilmente massiccia. “Un altro punto curioso è che la maggior parte dei lampi radio veloci – commenta Eftekhari – ha origine all’interno delle proprie galassie di riferimento, mentre FRB 20240209A è situato molto in periferia, a 130 mila anni luce dal centro della sua galassia”. “Questo aspetto – osserva Vishwangi Shah, altra firma di uno degli articoli – e solleva nuovi interrogativi su come tali fenomeni possano verificarsi nelle regioni in cui non si formano nuove stelle”. Dei quasi 100 FRB finora individuati in una galassia, la maggior parte ha probabilmente avuto origine da magnetar, che si formano tramite supernovae a collasso del nucleo. “Pensiamo che il raggio – ipotizzano gli autori – abbia avuto origine da densi ammassi globulari. Non sappiamo, però, se vi sia un ammasso globulare in corrispondenza di questo FRB”. “Osservazioni più puntuali e precise con il James Webb – conclude Eftekhari – potrebbero avvalorare o screditare queste teorie. Eventualmente, dovremmo prendere in considerazione scenari esotici alternativi per l’origine del fenomeno. Ad ogni modo, è chiaro che abbiamo ancora molti interrogativi a cui rispondere in merito agli FRB”. Questo bilancio dipende dall’assorbimento di anidride carbonica, dalla fotosintesi delle piante e dal gas rilasciato in atmosfera attraverso la respirazione microbica e vegetale. Se si aggiungono le emissioni derivanti dagli incendi, la percentuale sale al 40 per cento. “Volevamo sviluppare il quadro più attuale e completo del carbonio nel nord – afferma Virkkala – sapevamo che dovevamo tenere conto della crescente impronta di carbonio degli incendi in questa regione. Abbiamo scoperto che molti ecosistemi settentrionali agiscono ancora come pozzi di anidride carbonica, ma le regioni di origine e gli incendi stanno ora annullando gran parte di quell’assorbimento netto e invertendo tendenze di lunga data”. Le misurazioni sono state effettuate da torri e camere di monitoraggio del flusso di carbonio, che tracciano lo scambio di gas tra la terra e l’atmosfera. Questi dati sono stati archiviati e analizzati in una biblioteca completa e in crescita denominata “ABC Flux”, diretta da Virkkala. Negli ultimi 30 anni, riportano gli studiosi, si assiste a un incremento dell’assorbimento di carbonio durante l’estate, mentre durante i mesi invernali la tundra sembra rilasciare più emissioni. “Abbiamo notato un notevole livello di variabilità – aggiunge Sue Natali, altra firma dell’articolo – ciò non sorprende, perché l’Artico è un’area molto vasta, con ecosistemi e condizioni climatiche diversificate. Questo lavoro ci permette di tracciare e mappare i processi del carbonio a una risoluzione spaziale molto definita”. “Il ciclo di carbonio nella regione del permafrost – conclude Virkkala – sta iniziando a cambiare. Il nostro studio potrebbe fungere da segnale di avvertimento di cambiamenti più grandi, mostrando dove concentrare gli sforzi di monitoraggio e intervento”. (30Science.com)Gallery

Valentina Di Paola
Rintracciato il primo lampo radio in una galassia morta
(21 Gennaio 2025)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).