Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Nuova tecnica permette di riciclare la plastica “non riciclabile”

(20 Gennaio 2025)

Roma – Riorganizzandone i polimeri è possibile riciclare dei rifiuti in plastica, considerati ad oggi “non riciclabili”. È quanto emerge da un nuovo studio guidato dall’Oak Ridge National Laboratory (ORNL), USA, e pubblicato sul Journal of the American Chemical Society. Il risultato è particolarmente rilevante, considerando che ogni anno 450 milioni di tonnellate di plastica diventano rifiuti e solo il 9 per cento viene riciclato; il resto viene incenerito o finisce nelle discariche, negli oceani o altrove. La nuova tecnica di riciclo parte dalla riorganizzazione dei blocchi polimerici dei rifiuti per personalizzare le proprietà delle plastiche. “È il CRISPR per modificare i polimeri”, ha detto Jeffrey Foster dell’ORNL, che ha guidato lo studio “Tuttavia, invece di modificare filamenti di geni, stiamo modificando catene di polimeri. Questo non è il tipico scenario di riciclo della plastica ‘sciogli e spera nel meglio'”. I ricercatori dell’ORNL hanno modificato con precisione i polimeri di base di diverse categorie di rifiuti di plastica. Hanno lavorato con il morbido polibutadiene, che è comune negli pneumatici in gomma. In altri esperimenti, hanno lavorato con il duro acrilonitrile butadiene stirene, il materiale dei giocattoli di plastica, delle tastiere dei computer, dei tubi di ventilazione, dei caschi protettivi, delle modanature e delle finiture dei veicoli e degli elettrodomestici da cucina. “Questo è un flusso di rifiuti che in realtà non viene affatto riciclato”, ha detto Foster. “Stiamo affrontando una componente significativa del flusso di rifiuti con questa tecnologia”. I blocchi molecolari di base della struttura polimerica contengono gruppi funzionali, o cluster di atomi che fungono da siti reattivi per la modifica. In particolare, i doppi legami tra i carboni aumentano le possibilità di reazioni chimiche che consentono la polimerizzazione. Un anello di carbonio si apre in corrispondenza di un doppio legame per creare una catena polimerica che cresce man mano che ogni unità polimerica funzionale scivola direttamente dentro, conservando il materiale. Gli scienziati hanno riciclato i rifiuti di plastica impiegando due processi in tandem. Entrambi sono tipi di metatesi, ovvero uno scambio di posti. I doppi legami si rompono e si formano tra gli atomi di carbonio, consentendo alle subunità polimeriche di scambiarsi. Un processo, chiamato polimerizzazione metatesi ad apertura di anello, apre gli anelli di carbonio e li allunga in catene. L’altro processo, chiamato metatesi incrociata, inserisce catene di subunità polimeriche da una catena polimerica in un’altra. Il riciclo tradizionale non riesce a catturare il valore delle plastiche scartate perché riutilizza i polimeri così come sono, portandone alla degradazione a ogni fusione e riutilizzo. Al contrario, l’innovativo metodo dell’ORNL utilizza i blocchi di costruzione esistenti per fornire funzionalità e valore aggiunti. “Il nuovo processo ha un’elevata economia atomica”, ha detto Foster. “Ciò significa che possiamo praticamente recuperare tutto il materiale che inseriamo”. Gli scienziati dell’ORNL hanno dimostrato che il processo, che utilizza meno energia e produce meno emissioni rispetto al riciclo tradizionale, integra in modo efficiente i materiali di scarto senza compromettere la qualità del polimero. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla