Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Le miniere di rame di Re Salomone non inquinavano

(2 Gennaio 2025)

Roma – Le miniere di rame dell’epoca di re Salomone in Israele non hanno provocato danni all’ambiente tantomeno perduranti fino ai nostri giorni. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’Università di Tel Aviv (TAU) e pubblicato su Scientific Reports. “Abbiamo ispezionato – afferma il Prof. Erez Ben-Yosef, autore principale dello studio – due importanti siti di produzione del rame nella valle di Timna, uno dell’età del ferro e dell’era di Re Salomone e un altro nelle vicinanze che è di circa 1.500 anni più vecchio. Abbiamo scoperto che i livelli di inquinamento nei siti di estrazione del rame di Timna sono estremamente bassi e limitati alle posizioni delle antiche fornaci di fusione. Ad esempio, la concentrazione di piombo, il principale inquinante nelle industrie metallurgiche, scende a meno di 200 parti per milione a pochi metri dalla fornace. A titolo di confronto, l’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti definisce le aree industriali come sicure per i lavoratori a 1.200 parti per milione e le aree residenziali come sicure per i bambini a 200 parti per milione”. Il nuovo studio contraddice una serie di articoli pubblicati a partire dagli anni ’90 sull’inquinamento presumibilmente causato dall’antica industria del rame. “Dimostriamo che questo non è vero – spiegano gli autori – L’inquinamento a Timna è molto limitato spazialmente ed è probabile che solo coloro che lavoravano direttamente alla fornace abbiano sofferto di inalazione di fumi tossici, mentre a breve distanza il terreno è completamente sicuro. Inoltre, la corrispondenza che abbiamo trovato tra la distribuzione spaziale delle concentrazioni di rame e piombo nel terreno indica ulteriormente che i metalli sono “intrappolati” in scorie e altri rifiuti industriali, il che impedisce loro di lisciviare nel terreno e di influenzare le piante o gli esseri umani. I nostri risultati sono in linea con diversi studi recenti della regione di Wadi Faynan in Giordania, che indicano pure livelli di inquinamento molto bassi. Timna e Faynan sono siti ideali per questo tipo di ricerca perché non sono stati influenzati dall’attività mineraria moderna, come è successo a Cipro, ad esempio, e grazie al loro clima secco i metalli nel terreno non vengono dilavati. A Faynan, un team guidato dal Prof. Yigal Erel dell’Università Ebraica ha esaminato 36 scheletri di persone che vivevano nel sito minerario durante l’età del ferro, e solo tre mostravano tracce di inquinamento nei denti. Il resto era completamente pulito. Ora presentiamo un quadro simile per Timna.” Oltre all’indagine geochimica, gli archeologi della TAU hanno anche condotto un’analisi completa della letteratura esistente, sottolineando che le ipotesi sull’inquinamento durante il periodo preromano mancano di prove concrete. “Negli anni ’90 – spiega il dott. Omri Yagel primo autore del nuovo studio – c’era una tendenza che presentava l’antica produzione di rame come il primo caso di inquinamento industriale. Tali affermazioni catturano l’attenzione e attraggono sovvenzioni per la ricerca, ma proiettano inutilmente i moderni problemi di inquinamento sul passato. Inoltre, la letteratura di ricerca tende a usare il termine ‘inquinamento’ per descrivere qualsiasi traccia di antica attività metallurgica, e questo ha portato all’errata ipotesi che le industrie metallurgiche fossero dannose per gli esseri umani fin dai loro primi inizi, il che è palesemente falso. Anche quando la produzione di metallo era su larga scala, diventando parte integrante della civiltà umana, era l’industria tossica del piombo a causare l’inquinamento globale, non necessariamente di altri metalli”. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla