Roma – Il peso influisce sulla salute del cuore. Tanto che oltre la metà delle malattie cardiache dipende dai chili di troppo e da quando questo eccesso perdura nel tempo. Per ogni 2 anni in più vissuti con peso extra, il rischio cresce del 7%. A lanciare l’allarme “cardiobesità” sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC), riuniti a Roma dal 12 al 15 dicembre per l’85esimo congresso nazionale. Stando a quanto riportato dagli specialisti della SIC, non solo infarto e ictus, ma anche scompenso cardiaco e fibrillazione atriale dipendono direttamente dai chili di troppo che affliggono 4 italiani su 10 obesi o in sovrappeso. I soggetti obesi presentano un rischio di fibrillazione atriale di quasi il 50% più alto rispetto agli individui normopeso, del 64% di andare incontro a infarto e ictus e del 30% di sviluppare scompenso cardiaco. Un quadro complessivo allarmante che ha spinto la Società Europea di Cardiologia a collocare l’Italia, nel recente documento di consenso sulla prevenzione cardiovascolare, tra i Paesi a rischio intermedio, anziché basso, come Francia e Spagna, proprio per i tassi di prevalenza di sovrappeso e obesità più elevati della media europea, con il 33% degli italiani in sovrappeso e il 12%, circa 6 milioni, obesi secondo i dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità. Per affrontare il fenomeno, la Federazione Italiana di Cardiologia, in collaborazione con la SIC e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) ha presentato il mese scorso un Piano Strategico Nazionale per la Salute del Cuore, il primo mai realizzato in Italia, nell’ambito di un’azione di prevenzione della salute cardiovascolare in corso nell’Unione Europea. Tra le priorità del documento proprio il contrasto all’obesità, attraverso la promozione dell’esercizio fisico nelle aree pubbliche delle città e dell’educazione alimentare dalle scuole ai luoghi di lavoro. “Oggi parliamo ormai di cardiobesità per sottolineare lo stretto e pericoloso legame tra eccesso ponderale ed eventi cardiovascolari”, dichiara Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli. “In quest’ottica va condannato il body shaming ma non va ‘normalizzata’ l’obesità perché è una malattia cronica di per sé che causa l’insorgenza di oltre la metà delle malattie cardiache, come amplificatore del rischio cardiovascolare sia in modo mediato che diretto. L’eccesso adiposo, infatti, non solo potenzia i fattori di rischio tradizionali come pressione alta, colesterolo, trigliceridi e diabete di tipo 2, ma comporta – continua – anche un incremento dell’infiammazione generale e del grasso viscerale con l’irrigidimento delle arterie (aterosclerosi) che possono aumentare il rischio di coaguli di sangue e causare ictus”. Anche la durata dell’obesità pesa sul cuore. Questo “a causa della progressiva calcificazione coronarica”, afferma Ciro Indolfi, past-President della SIC e professore straordinario di Cardiologia all’Università della Calabria di Cosenza. “Convivere con i chili in eccesso per decenni, ma anche solo per qualche anno, può fare la differenza per la salute di arterie e coronarie. Infatti – continua – per ogni 2 anni vissuti in condizioni di obesità, aumenta del 7% il rischio e la mortalità per malattie cardiovascolari, come infarto e ictus”. È quanto emerge da una review pubblicata di recente su Frontiers in Cardiovascular Medicine, condotta dall’Università Sapienza e dall’IRCCS San Raffaele di Roma, nella quale si fanno riferimento ai dati relativi a 5036 individui di età compresa tra i 28 e i 62 anni, seguiti e monitorati per rischio cardiovascolare ogni 2 anni, per oltre 30 anni. “È importante sottolineare, però, che basta un calo di peso di 1 kg su 10 per ridurre del 21% il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei successivi 10 anni”, afferma Francesco Barillà, presidente della Fondazione Cuore siamo Noi della SIC. A confermarlo, uno studio pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology condotto su circa 5 mila pazienti con età compresa tra 45 e 76 anni. “Si tratta di un obiettivo realistico – continua Barillà – che può rientrare tra i buoni propositi per il nuovo anno, perché perdere anche solo il 10% del proprio peso permette a chi ha un po’, o tanti chili di troppo, di raggiungere una condizione di ‘fitness metabolico’, cioè di migliorare o riequilibrare tutta una serie di alterazioni conseguenti all’eccesso di peso, come glicemia, trigliceridi e grassi nel sangue che si traducono in una riduzione del rischio cardiovascolare”. (30Science.com)
Valentina Arcovio
Allarme cardiobesità, oltre metà malattie cuore dipenda da peso
(12 Dicembre 2024)
Valentina Arcovio