Rom – Si presenta in maniera subdola: febbre, stanchezza, debolezza, dolori alle ossa, perdita di peso, sudorazione notturna, prurito, che non hanno un’apparente giustificazione. La mielofibrosi è un tumore particolarmente aggressivo del sangue che in Piemonte colpisce circa 30 pazienti, a fronte di un’incidenza in Italia di circa 350 nuove diagnosi all’anno. Ad oggi il trapianto di midollo osseo allogenico è l’unica procedura che può portare alla guarigione, ma è indicata solo nel 10-15% dei pazienti ed è comunque un’opzione ad alto rischio. Le terapie per i pazienti che non possono sottoporsi al trapianto sono principalmente basate su farmaci mirati che bloccano la ‘JAK2’, una proteina frequentemente mutata nelle mielofibrosi. In alcuni centri italiani di ematologia, tra cui quello dell’Ospedale Mauriziano, diretto dalla professoressa Daniela Cilloni, è stato sperimentato ed ora è utilizzato ad ‘uso compassionevole’ un nuovo farmaco (momelotinib) in grado di migliorare anche i due sintomi piu invalidanti: la splenomegalia (ingrossamento della milza) e l’anemia. In sostanza, in attesa che l’AIFA dia la sua approvazione ufficiale, il momelotinib è codificato come “Aid” (Patient assistance programm) e quindi è a disposizione dei pazienti con mielofibrosi e dei clinici che ne fanno richiesta. “Da alcuni mesi stiamo usando questo nuovo farmaco messo a disposizione gratuitamente dall’azienda produttrice in attesa dell’autorizzazione italiana alla commercializzazione”, spiega Cilloni. “I trattamenti attualmente disponibili hanno un’efficacia limitata sull’anemia che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita, specialmente a causa della necessità di frequenti trasfusioni di sangue”, aggiunge. La mielofibrosi appartiene al gruppo delle malattie mieloproliferative croniche, che comprendono anche la policitemia vera e la trombocitemia essenziale. Nella mielofibrosi si verifica una graduale comparsa di tessuto fibroso, che modifica definitivamente la struttura del midollo osseo, non consentendone più il corretto funzionamento emopoietico, ossia la normale produzione delle cellule del sangue che vengono prodotte in altri organi, principalmente nella milza che aumenta di volume. Questi fattori sono causa di anemia e molti pazienti diventano “trasfusioni-dipendenti”. “Oltre all’anemia, l’ingrossamento della milza, detto splenomegalia, è responsabile di una serie di disturbi, soprattutto gastrointestinali”, sottolinea Cilloni. “La milza ingrossata, infatti, comprime gli organi vicini, in particolare stomaco e intestino. Il paziente – prosegue – avverte difficoltà nella digestione, sensazioni di pesantezza allo stomaco, fastidio a livello dell’addome e sazietà anche dopo aver mangiato poco. In alcuni casi, la milza è così ingrossata da occupare gran parte dell’addome, può infine arrivare a far risalire il diaframma e a comprimere i polmoni, causando tosse secca e difficoltà a respirare”. Nei casi più avanzati la malattia può rendere molto difficili attività normali, come camminare, salire le scale, ordinare la casa, fare la doccia e cucinare. Nel 20% dei casi i pazienti hanno necessità di trasfusioni e si devono recare all’ospedale inizialmente una volta al mese, fino ad arrivare anche a 2 volte a settimana, perché nel tempo c’è un minimo di refrattarietà alle trasfusioni e, soprattutto, la malattia progredisce. “I farmaci a disposizione, i JAK inibitori, riducono la splenomegalia e migliorano i sintomi sistemici, quali febbre, calo ponderale, prurito, sudorazioni notturne, dolori osrteo-articolari ma possono anche peggiorare l’anemia”, sottolinea Cilloni. “Il momelotinib, che appartiene sempre alla classe dei JAK inibitori, ma con un meccanismo d’azione diverso, è stato approvato in Europa per il paziente con mielofibrosi anemico. Questa molecola – continua – ha dimostrato di migliorare non solo la splenomegalia, ma anche l’anemia. Il nuovo farmaco, oltre a inibire JAK1 e JAK2, notoriamente coinvolti nella malattia, punta anche a un altro target, Acvr1. In questo modo aumenta i livelli di emoglobina, migliorando quindi anche i sintomi costituzionali, splenomegalia e citopenie”. (30Science.com)
Valentina Arcovio
La mielofibrosi colpisce 30 pazienti all’anno in Piemonte
(10 Dicembre 2024)
Valentina Arcovio