Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Brasile, trovate tracce della prima domesticazione del mais

(4 Dicembre 2024)

Roma – La domesticazione del mais (Zea mays) – la selezione ad opera dell’uomo delle specie selvatiche più utili di questo cereale – potrebbe non essere stata completata solo in Messico ma anche in Sud America e segnatamente in Brasile, stando a campioni archeologici di pannocchie raccolti nelle grotte della valle di Peruaçu nello stato di Minas Gerais (Brasile). E’ quanto emerge da uno studio pubblicato su Science Advances e condotto da ricercatori affiliati all’Università di San Paolo (USP) e all’EMBRAPA, la Brazilian Agricultural Research Corporation. Nello specifico gli studiosi hanno determinato che i campioni presentano caratteristiche che ricordano quelle delle piante ancestrali del mais, segnalando un processo di domesticazione non ancora completato ma in corso d’opera. I campioni di mais parzialmente domesticato analizzati nello studio includono resti di pannocchie intere, di altre parti della piante e di chicchi provenienti da scavi condotti nella valle di Peruaçu nel 1994 da archeologi affiliati all’Università Federale di Minas Gerais (UFMG).

 

Sono stati trovati esemplari archeologici di mais semi-domestico (granoturco) in cesti sepolti nelle grotte della valle di Peruaçu
Credito
Fábio de Oliveira Freitas

 

“Questi campioni sono stati inizialmente considerati esemplari di mais addomesticato che non erano cresciuti a sufficienza. Tuttavia, alla luce delle prove genetiche per le quali il processo di addomesticamento finale potrebbe essere avvenuto in Sud America, abbiamo analizzato di nuovo il materiale e abbiamo trovato diversi tratti condivisi con la pianta ancestrale da cui il mais ha avuto origine in Messico 9.000 anni fa e che è arrivata nell’Amazzonia sudoccidentale 6.000 anni fa”, ha affermato Flaviane Malaquias Costa , prima autrice dell’articolo di Science Advances. La valle di Peruaçu dista circa 7.150 chilometri dal Messico. I campioni sono i più lontani dal centro di origine della pianta mai trovati con caratteristiche primitive. Sebbene le prove archeologiche indichino la presenza di popolazioni umane nella valle di Peruaçu tra 10.000 e 9.000 anni fa, il mais sembra essere arrivato nella regione solo circa 1.500 anni fa. I campioni semi-domestici rinvenuti lì sono stati datati tra 1.010 e 500 anni fa, un periodo ampiamente precedente all’arrivo degli europei in Sud America. “Questo dimostra l’importanza delle passate comunità indigene nella selezione, gestione e correzione dei tratti che hanno dato origine alle attuali varianti di mais sudamericane. I loro discendenti continuano a farlo anche adesso, contribuendo al mantenimento delle nostre risorse genetiche”, ha affermato Fábio de Oliveira Freitas , autore dell’articolo e ricercatore presso EMBRAPA Genetic Resources and Biotechnology a Brasilia. Per distinguere gli esemplari domestici da quelli semi-domestici, i ricercatori hanno analizzato una serie di caratteristiche morfologiche che hanno contribuito a determinare la loro distanza dalla pianta selvatica, nota come teosinte. Uno di questi tratti distintivi è il numero di file di grano: meno di otto sono considerati tipici del teosinte primitivo, un’erba selvatica originaria del Messico e domesticata per la prima volta circa 9.000 anni fa. Le varianti di mais moderne coltivate nelle zone di pianura del Sud America hanno tra otto e 26 file per spiga, mentre i campioni archeologici della valle di Peruaçu ne hanno tra quattro e sei. I ricercatori hanno analizzato 296 campioni. “Abbiamo viaggiato dal passato remoto al presente, dai resti archeologici alle varietà ancora esistenti che vengono ancora diversificate dai popoli tradizionali, che sono i protagonisti di questa storia”, ha detto Costa. I campioni vengono ora sottoposti ad analisi archeogenetiche da parte di partner stranieri, utilizzando tecniche all’avanguardia che, se avranno successo, potrebbero sequenziare l’intero genoma del mais trovato nella valle di Peruaçu e determinarne con precisione l’albero filogenetico. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla