Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Sovraprofitti di gas e petrolio possono coprire spese per il clima

(12 Novembre 2024)

Roma – I sovraprofitti delle compagnie petrolifere e del gas legati alla crisi energetica del 2022 potrebbero coprire gli impegni esistenti delle nazioni industrializzate verso i paesi più poveri in materia di clima e tutela ambientale per ben cinque anni. E’ quanto emerge da uno studio guidato dall’Università tecnica di Monaco (TUM) e pubblicato su Climate Policy. Un punto chiave all’ordine del giorno della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 29) sono i negoziati sul finanziamento degli obiettivi climatici. Le nazioni industrializzate si sono impegnate a pagare 100 miliardi di dollari all’anno tra il 2020 e il 2025 ai paesi più poveri per la protezione del clima e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Ora deve essere approvato l’accordo di follow-up, il New Collective Quantified Goal (NCQG). Tuttavia, i paesi non hanno rispettato pienamente i loro impegni precedenti né i negoziati sul NCQG hanno ancora chiarito come saranno raccolti i fondi aggiuntivi. Un team internazionale di ricercatori ha quindi esaminato una delle proposte in esame: una tassa sui profitti straordinari delle aziende che fanno soldi con i combustibili fossili. Una tassa sui profitti straordinari impone un prelievo sui profitti che superano quanto ci si aspetterebbe in circostanze normali a causa di una situazione speciale, generalmente una crisi. La crisi energetica seguita all’attacco russo all’Ucraina all’inizio del 2022 è stata una situazione speciale di questo tipo. In quell’anno i prezzi internazionali dell’energia sono saliti alle stelle. Il team di ricerca ha studiato gli utili dichiarati per il 2022 da 93 delle più grandi compagnie petrolifere e del gas del mondo e li ha confrontati con le previsioni degli analisti all’inizio dell’anno. Gli utili totali previsti ammontavano a circa 753 miliardi di dollari. Gli utili effettivi guadagnati dalle aziende ammontavano a circa 1.243 trilioni di dollari. Di conseguenza, le aziende hanno incassato profitti inaspettati per circa 490 miliardi di dollari. “Questi profitti aggiuntivi di un solo anno sono vicini all’importo totale promesso ai paesi più poveri per un periodo di cinque anni”, afferma il responsabile dello studio Florian Egli, professore di politiche pubbliche per la transizione verde alla TUM. Per valutare se i governi avrebbero potuto ridistribuire questi profitti in eccesso, i ricercatori hanno preso in considerazione i paesi in cui hanno sede le aziende e se sono di proprietà pubblica o privata. Il 42 percento dei profitti inattesi è stato guadagnato da aziende controllate dallo Stato, con la quota maggiore guadagnata in Norvegia. “I governi hanno la capacità di intraprendere azioni dirette per scremare i profitti guadagnati a causa di una crisi e usarli per combattere la crisi climatica”, afferma la seconda responsabile dello studio, la dott. ssa Anna Stünzi dell’University of St. Gallen. Delle aziende private che hanno guadagnato profitti inattesi, il 95 percento aveva sede in paesi che si sono impegnati a contribuire al finanziamento della protezione del clima. “Con una tassa sui profitti inattesi derivanti da petrolio e gas, almeno alcuni paesi industrializzati potrebbero generare reddito per rispettare i loro impegni nei confronti dei paesi più poveri”, afferma Florian Egli. Tra le aziende private, le aziende negli Stati Uniti hanno rappresentato circa la metà di questi profitti (143 miliardi di dollari). Un ulteriore 37 percento dei profitti è stato incassato da aziende nel Regno Unito, in Francia e in Canada. Quasi tutte le aziende hanno sede nei paesi del G20. “Più della metà delle emissioni mondiali di gas serra derivano dalla combustione di petrolio e gas. Allo stesso tempo, l’industria petrolifera e del gas è da tempo uno dei settori più redditizi”, afferma Florian Egli. “Sarebbe senza dubbio difficile raggiungere un accordo internazionale per tassare questi profitti. Ma l’accordo su un’aliquota minima globale per le aziende, raggiunto da oltre 130 paesi nel 2023 sotto gli auspici dell’OCSE e del G20, potrebbe essere un modello”. §I tributi potrebbero confluire in un fondo, ad esempio, in modo che il denaro sia disponibile anche negli anni senza profitti inattesi. I ricercatori notano che i profitti mondiali dell’industria di gas e petrolio sono maggiori di quelli dichiarati nello studio. Questo perché alcune delle più grandi aziende, ad esempio in Russia, Iran, Sudafrica e Venezuela, non pubblicano i loro dati. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla