Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Plastica sulle spiagge si vede fin dallo spazio

(31 Ottobre 2024)

Roma – L’inquinamento da plastiche sulle spiagge può essere tracciato perfino dallo spazio. E’ quanto emerge da uno studio condotto dalla RMIT University e pubblicato sul Marine Pollution Bulletin. Lo strumento basato su immagini satellitari, sviluppato dagli autori è in grado di rilevare le differenze nel modo in cui sabbia, acqua e plastica riflettono la luce, consentendo di individuare la plastica sulle coste da oltre 600 chilometri (km) di altezza. Attualmente, ogni anno immettiamo nei nostri oceani ben oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Si stima che entro il 2030 questa cifra potrebbe raggiungere i 60 milioni. L’autrice principale dello studio, la dottoressa Jenna Guffogg, ha affermato che la plastica sulle spiagge può avere gravi ripercussioni sulla fauna selvatica e sui suoi habitat, proprio come accade in acque libere. “La plastica può essere scambiata per cibo, gli animali più grandi rimangono impigliati e quelli più piccoli, come i paguri, restano intrappolati all’interno di oggetti come i contenitori di plastica”, ha affermato. “Le spiagge delle isole remote presentano alcuni dei luoghi con le più alte densità di plastica mai registrate al mondo e stiamo anche assistendo a un aumento dei volumi di plastica e di attrezzi da pesca abbandonati sulle coste remote dell’Australia settentrionale”.

Obiettivi di plastica allestiti per testare la nuova tecnologia
Credito
Università RMIT

La Guffogg ha affermato che se queste plastiche non vengono rimosse, inevitabilmente si frammenteranno ulteriormente in micro e nanoplastiche. “Sebbene gli impatti di queste plastiche oceaniche sull’ambiente, sulla pesca e sul turismo siano ben documentati, i metodi per misurare l’esatta portata del problema o per indirizzare le operazioni di bonifica, a volte più necessarie in luoghi remoti, sono stati frenati da limitazioni tecnologiche”, ha affermato. L’indice Beached Plastic Debris elaborato dal team è un indice noto come indice spettrale, essenzialmente una formula matematica che ordina i modelli di luce riflessa raccolti dai satelliti mentre sorvolano un’area, per rivelare cosa ci interessa di più vedere nell’immagine. Il team di telerilevamento del RMIT ha sviluppato strumenti simili per monitorare le foreste e mappare gli incendi boschivi dallo spazio. Il Beached Plastic Debris Index è studiato appositamente per mappare i detriti di plastica negli ambienti costieri, utilizzando dati ad alta definizione provenienti dal satellite WorldView-3, che orbita attorno alla Terra in linea con il sole a un’altitudine di 617 km. Per testarne l’efficacia, sono stati posizionati su una spiaggia nel sud del Gippsland, nello stato di Victoria, 14 bersagli di plastica di circa due metri quadrati ciascuno. Ogni bersaglio era fatto di un diverso tipo di plastica ed era più piccolo delle dimensioni dei pixel del satellite, pari a circa 3 m2. Le immagini satellitari che utilizzano il nuovo indice sono state confrontate con tre indici esistenti, due dei quali erano stati concepiti per rilevare la plastica sulla terraferma e uno per rilevarla in ambienti acquatici. Il BPDI ha ottenuto risultati migliori di tutti e tre, mentre gli altri hanno avuto difficoltà a distinguere i pixel contaminati dalla plastica sulla spiaggia o hanno avuto la tendenza a classificare erroneamente l’ombra e l’acqua come plastica. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla