Roma – Per rilevare la dose di radiazioni ionizzanti assorbita in caso di incidente radiologico o nucleare di larga scala, sono stati messi a punto due innovativi sistemi di screening rapido grazie al progetto NATO BioPhyMeTRE, coordinato da ENEA, al quale partecipano anche l’Istituto Superiore di Sanità, l’Institute of Radiation Safety and Ecology (Kazakhstan) e il Ruđer Bošković Institute (Croazia)
“Questo progetto rientra nell’ambito del programma NATO ‘Science for Peace and Security’ e si inserisce nel contesto delle emergenze radiologiche e nucleari con lo scopo di validare nuovi strumenti che permettano di fornire indicazioni al personale medico di primo intervento coinvolto nella fase di triage”, spiega Antonella Federica Testa, ricercatrice del Laboratorio ENEA Salute e Ambiente e coordinatrice del progetto BioPhyMeTRE. “In caso di un incidente che coinvolga le radiazioni ionizzanti – sottolinea la ricercatrice – la fase del triage ha lo scopo di distinguere chi è stato realmente sovraesposto e fornire, nel più breve tempo possibile, indicazioni sulla dose assorbita dalla quale dipendono le procedure terapeutiche individuali da attivare per salvare la vita alla vittima”.
Il sistema di screening (dosimetria biologica) si basa, a partire da un piccolo campione di sangue, sull’osservazione al microscopio ottico di specifiche anomalie cromosomiche che vengono indotte dalle radiazioni ionizzanti nei linfociti (cellule immunitarie) in maniera dose-dipendente. Ciò significa che, in caso di una sovraesposizione a radiazioni, i linfociti possono essere considerati dei “dosimetri circolanti” essendo in grado di “registrare” i danni indotti dall’esposizione a radiazioni nella molecola del DNA. “La nuova metodica, messa a punto in ENEA e validata nell’ambito del progetto, prevede un protocollo combinato che permette l’applicazione simultanea dei due test più validati di dosimetria biologica sullo stesso vetrino e, inoltre, è stata automatizzata, grazie all’utilizzo di una strumentazione per microscopia di ultima generazione acquistata con i fondi NATO. L’abbinamento del nuovo protocollo combinato e dell’automazione ha permesso così di creare un sistema rapidissimo di screening che moltiplica la capacità di analisi in tempi brevi”, spiega Antonella Federica Testa.
Il progetto ha validato, inoltre, una seconda metodica (dosimetria fisica) sviluppata dall’Istituto Superiore di Sanità insieme al partner croato Ruđer Bošković Institute (RBI) che consiste nella misura della luminescenza otticamente stimolata (OSL) prodotta da oggetti personali di scarso valore che si possono trovare nelle borse, nelle tasche o nelle vicinanze delle persone coinvolte nell’incidente radiologico. La tecnica è stata già testata con successo su alcuni materiali di questo tipo, la novità del metodo proposto in questo progetto è rappresentata dall’utilizzo di un sistema di misura portatile a basso costo e facilmente utilizzabile anche nel luogo dell’incidente per un rapido triage radiologico delle potenziali vittime. Tra tutti gli oggetti esaminati gli snack salati e alcuni integratori alimentari contenenti magnesio si sono rivelati particolarmente promettenti come dosimetri fortuiti avendo fornito valutazioni accurate delle dosi assorbite nei test di simulazione degli incidenti radiologici.
“Entrambi i sistemi di screening hanno in comune la finalità di velocizzare il processo di ricostruzione della dose assorbita nella fase di triage in caso di sovraesposizione a radiazioni ionizzanti. Infatti, nella valutazione della dose assorbita è importante poter disporre di diversi sistemi di misura perché ciascuno di essi, usato singolarmente, presenta limiti e vantaggi legati a parametri come la sensibilità alle radiazioni, la stabilità del danno indotto o la dipendenza dalle caratteristiche del singolo individuo. Pertanto, un approccio che prenda in considerazione e confronti i dati provenienti da sistemi dosimetrici diversi consente di avere una stima più accurata dell’esposizione”, sottolinea la ricercatrice.
In campo internazionale sono numerose le iniziative rivolte alla creazione di network di eccellenza in dosimetria. Queste reti internazionali hanno lo scopo di attivare e coordinare tutti i paesi coinvolti in situazioni di emergenza in caso di incidente nucleare, offrendo un supporto pratico per la valutazione rapida della dose assorbita in popolazioni sovraesposte. Le competenze di ENEA in questo campo nascono a metà degli anni ‘60 con la creazione dell’unico centro di riferimento nazionale per la valutazione della dose di radiazioni ionizzanti attraverso metodiche di dosimetria biologica rimasto attivo per oltre quarant’anni.
Durante questo lungo periodo, ENEA ha anche coordinato progetti di cooperazione internazionale per lo studio di popolazioni coinvolte in gravi disastri nucleari, da Chernobyl agli Urali del Sud fino al Kazakhstan. Inoltre, da molti anni il Laboratorio ENEA Salute e Ambiente è inserito nei più rilevanti network internazionali di dosimetria attivabili in caso di incidente nucleare di larga scala come il WHO BioDoseNet, un consorzio di stati associati creato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la rete europea RENEB, (Running the European network in Biological and Physical Retrospective Dosimetry) ed EURADOS, in grado di collaborare per lo sviluppo di nuove metodiche e il mantenimento di quelle consolidate allo scopo di far fronte alle emergenze legate a incidenti radiologici con un numero di potenziali vittime da sottoporre a screening così elevato da superare la capacità di un singolo laboratorio. In particolare, nel 2015 ENEA ha stipulato un accordo con la rete europea RENEB attraverso la sottoscrizione di un Memorandum of Understanding (MoU) rendendosi volontariamente disponibile a collaborare in caso di emergenze nucleari. (30Science.com)