Roma – Nonostante la ricerca abbia fatto progressi importanti sulla conoscenza dei meccanismi molecolari che regolano la glicemia e che sono legati al diabete, non è ancora noto quale sia la “sequenza” di eventi che si scatenano in diversi organi. “Volendo usare una metafora, non sappiamo ancora se sia ‘nato prima l’uovo o la gallina’”, spiega Andrea Natali, creator della sessione del 30esimo congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia (SID), a Rimini, che si interroga su qualche organo sia il target ideale: se puntare su fegato e intestino o su muscolo e pancreas. “La ricerca negli ultimi anni ha portato alla scoperta di nuovi meccanismi e tessuti responsabili del mantenimento dell’omeostasi del glucosio. Oltre alle cellule beta, responsabili della secrezione di insulina, e le cellule muscolari, responsabili della utilizzazione del glucosio, un ruolo fondamentale – continua Natali – viene svolto dalle cellule alfa mediante la produzione di glucagone, dagli epatociti che rilasciano glucosio nella circolazione e dall’intestino sia attraverso il rilascio di ormoni (GLP-1 e GIP) capaci di incrementare la secrezione di insulina che attraverso l’assorbimento di glucosio”. Prosegue Angelo Avogaro, presidente uscente della SID: “Nel diabete di tipo 2 tutti questi meccanismi sono alterati, ma non si sa con esattezza in quale successione temporale avvengano questi cambiamenti. Inoltre, anche l’iperglicemia, una volta instaurata, è in grado di alterare questi meccanismi, pertanto, se vogliamo arrestare il processo e prevenire il diabete ti tipo 2 è necessario capire, e colpire, il tessuto e nel tessuto stesso il processo biologico che per primo si altera”. Studi dimostrano che il prediabete è caratterizzato dalla presenza di insulino resistenza non compensata da una maggiore secrezione di insulina. Ricerche più recenti (Tricò) tuttavia hanno confutato questa idea dimostrando che, a parità di insulino resistenza, avere una maggiore secrezione insulinica sia predisponente allo sviluppo di diabete. Altri studi hanno rivelato l’importanza della velocità di assorbimento di glucosio nella genesi della alterata tolleranza al glucosio. Nel frattempo i clinici devono affrontare il problema del controllo glicemico dopo i pasti che rappresenta un fattore di rischio del diabete di tipo 2: in assenza di malattia conclamata, le terapie farmacologiche non sono supportate da chiare evidenze e l’aderenza a terapie nutrizionali restrittive ha il limite di una scarsa aderenza nel lungo periodo. Un approccio di medicina nutrizionale emergente (chiamata “nutrient preload”) è quello di ingerire una piccola quantità di alimenti ricchi di proteine e grassi all’inizio del pasto per migliorare la tolleranza al glucosio. Questa “ottimizzazione” è di facile implementazione nelle abitudini delle persone e si presta ad una maggiore aderenza senza avere controindicazioni Resta anche incerto se il diabete emerga a causa di una riduzione della massa beta cellulare oppure per la presenza di alterazioni funzionali delle cellule. A questo proposito gli studi di Mezza in pazienti non diabetici sottoposti a pancreatectomia parziale sembrano indicare che la funzione è più importante della massa beta cellulare nel prevedere lo sviluppo di diabete. Anche il ruolo del fegato nella patogenesi del diabete resta incerto: nel prediabete è presente insulino-resistenza epatica, tuttavia, non è chiaro in che misura questa di fatto contribuisca all’alterazione della glicemia a digiuno. Tutti elementi che quando chiariti permetteranno una migliore gestione delle strategie di prevenzione della malattia diabetica. (30Science.com)
Valentina Arcovio
Diabete: esperti, dubbi su quale sia organo target su cui intervenire
(23 Ottobre 2024)
Valentina Arcovio