Roma – La vaccinazione delle piante potrebbe ridurre l’uso di pesticidi e garantire le scorte alimentari globali. Questa interessante prospettiva emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Science, condotto dagli scienziati dell’Università di Neuchâtel. Il team, guidato da Brigitte Mauch-Mani, ha esplorato il potenziale della resistenza indotta, un meccanismo che potrebbe innescare il sistema immunitario delle specie vegetali, per allenare le piante a reagire meglio a potenziali fonti di stress. Con il mondo in costante cambiamento, spiegano gli esperti, i pesticidi hanno favorito la crescita e la resistenza delle piante, ma possono provocare effetti collaterali sull’organismo umano, ed è pertanto necessario individuare strategie alternative più sicure per garantire la sopravvivenza delle specie. “Sebbene la resistenza indotta sia stata studiata per decenni – osserva Mauch-Mani – il suo sfruttamento nella protezione delle colture ha iniziato a prendere piede solo di recente. Siamo a favore di un approccio olistico alla protezione delle colture, che combina più strategie per fornire soluzioni su misura. La resistenza indotta è al centro di un intervento così integrato”. La resistenza indotta può assumere diverse forme, spiegano gli studiosi, ma la più nota e diffusa è il priming di difesa.
Questo meccanismo si verifica quando una pianta subisce uno stress, il che promuove dei meccanismi che poi si attivano nuovamente in caso di un’altra minaccia. Curiosamente, questo priming sembra durare così a lungo che può apparire nella generazione successiva, trasmesso tramite meccanismi epigenetici. Tuttavia, la resistenza indotta di solito non offre una protezione completa, per cui deve essere combinata con altre misure e deve essere calibrata per garantire che non lasci una pianta esposta ad altre minacce e non comprometta la crescita facendo sì che la pianta assegni troppe risorse alla difesa. “La resistenza indotta – spiega ancora Mauch-Mani – rappresenta il risultato di una complessa rete di percorsi di sviluppo e ambientali nella pianta. Lo sfruttamento sicuro ed efficiente di questo meccanismo quindi non è così semplice come l’introgressione di un singolo gene o l’applicazione di un pesticida. Sarà necessario valutare caso per caso le condizioni di crescita ottimali, il germoplasma delle colture e le pratiche agricole. Una volta implementata, la resistenza indotta potrebbe portare a benefici per la salute e qualità nutrizionali migliorate. Potremmo anche garantire una protezione delle colture molto più duratura”. “Crediamo fermamente che la ricerca in questo campo sarà fondamentale per la transizione verso una fornitura alimentare realmente sostenibile – conclude – tuttavia, c’è un urgente bisogno di una migliore comunicazione tra la ricerca focalizzata sulla scoperta e altri stakeholder che hanno l’esperienza per tradurre la scoperta in applicazione. È compito dei governi creare un ambiente di ricerca che consenta uno scambio di conoscenze tra scienziati, decisori politici e industria”. (30Science.com)