Valentina Arcovio

Diabete di tipo 2: ogni 2 anni +9% di casi in under 21

(3 Ottobre 2024)

Roma – Negli ultimi 10 anni i casi di diabete di tipo 2, nei giovani sotto i 21 anni d’età, sono aumentati del 9% ogni due anni. Questi sono i risultati di uno studio osservazionale su scala globale in corso di pubblicazione sulla rivista dell’European Association for the Study of Diabetes, Diabetologia, guidato dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche e dall’Università Politecnica delle Marche, al quale hanno partecipato, tra gli altri, ricercatori del Royal London Children’s Hospital, della Stanford University, dell’Università di Ulm in Germania, del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center e della Seoul National University. Condotto su quasi 97mila bambini di tutto il mondo tra il 2012 e il 2021, lo studio ha preso in considerazione il registro mondiale SWEET, che riunisce dati clinici e demografici relativi a giovani under 25 affetti da diabete, raccolti da 160 centri distribuiti a livello mondiale. La ricerca ha analizzato i dati sulla diffusione del diabete, nella fascia di età inferiore a 21 anni, riscontrando un costante aumento dei casi di malattia negli ultimi 10 anni, con un aumento proporzionale del 9% ogni due anni rispetto a tutte le nuove diagnosi. L’età media alla diagnosi è di 13 anni ma nell’8% dei nuovi casi, i bambini hanno meno di 10 anni. “Con questo studio – dichiara Valentino Cherubini, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) e direttore della Diabetologia Pediatrica degli Ospedali Riuniti di Ancona – abbiamo indagato e dimostrato come anche tra i giovanissimi sia in crescita l’incidenza del diabete di tipo 2, una malattia su base metabolica che fino a qualche tempo fa era tipica dell’età adulta o avanzata. Abbiamo inoltre rilevato come, negli ultimi 10 anni, la frequenza di nuove diagnosi negli under 21 sia aumentata del 9% ogni due anni. Valutando la frequenza e le caratteristiche cliniche dei giovani con diabete di tipo 2 tra il 2012 e il 2021, con meno di 21 anni al momento della diagnosi e senza alcuna diagnosi di pre-diabete, è emerso come la percentuale di diabete di tipo 2 sia passata dal 3,2% del 2012/2013 al 6,0% del 2020/2021, quindi, appunto, con un tasso di incremento relativo del 9% per biennio”. E continua: “A essere colpiti sono stati specialmente gli adolescenti tra i 13 e i 15 anni, per i quali le diagnosi hanno fatto registrare un picco, ma non sono risparmiati neanche i bambini. L’8% dei nuovi casi di diabete di tipo 2 sono stati infatti rilevati nei bambini con meno di 10 anni. Dal nostro studio è inoltre emerso che il 75% dei bambini seguiti in centri europei, americani, australiani e neozelandesi aveva valori di indice di massa corporea (BMI) superiori al 97esimo percentile, cioè in condizioni di obesità, al momento della diagnosi di diabete”. Cherubini puntualizza: “È quindi sempre più evidente come si stia andando incontro a un’epidemia di diabete tipo 2 fra i giovanissimi che richiede di pensare nuove misure preventive che prendano in considerazione anche i bambini. Ad oggi, le linee guida dell’ISPAD, la Società internazionale per il diabete pediatrico e dell’adolescenza, raccomandano uno screening mirato dopo l’inizio della pubertà o dopo i 10 anni di età nei giovani con un BMI uguale o superiore all’85esimo percentile per la loro età e sesso, e con fattori di rischio per il diabete di tipo 2. I nostri risultati evidenziano però la necessità di maggiori sforzi per prevenire, individuare e trattare l’eccesso di peso prima della pubertà. Inoltre, i nostri risultati hanno dimostrato che, aspettando che un bambino raggiunga i 10 anni per lo screening del diabete di tipo 2, almeno l’8% dei pazienti potrebbe non essere individuato”. E conclude: “Il diabete di tipo 2 con esordio nell’infanzia o nell’adolescenza è più aggressivo del diabete di tipo 2 con esordio nell’adulto, e presenta un rischio più elevato di complicanze e insorgenza di ulteriori patologie a lungo termine, nonché di mortalità prematura rispetto al diabete di tipo 1 con esordio in età giovanile e una riduzione della salute e della qualità di vita complessiva. Pertanto, rappresenta un onere clinico, sociale ed economico, con un elevato impatto sui sistemi sanitari ed è dunque indispensabile che gli endocrinologi pediatri, in prima linea per fronteggiare una simile emergenza, facciano informazione, educazione e prevenzione per arginare questo fenomeno”. (30Science.com)

Valentina Arcovio