Roma – La cattura e l’analisi delle particelle di antimateria si sono rivelate promettenti per monitorare le operazioni specifiche dei reattori, anche a centinaia di chilometri di distanza, il che ha implicazioni nel campo della sicurezza del nucleare. Lo rivela uno studio dei ricercatori dell’Università di Sheffield e dell’Università delle Hawaii, riportato su AIP Advances, pubblicato da AIP Publishing. I reattori nucleari a fissione sono una fonte di energia fondamentale per molte parti del mondo e si prevede che la capacità energetica mondiale raddoppierà quasi entro il 2050; tuttavia, un problema è la difficoltà di discernere se un reattore nucleare viene utilizzato anche per creare materiale per le armi nucleari. Per ovviare a questo problema, gli scienziati hanno sviluppato un rivelatore che registra e analizza gli antineutrini emessi dai reattori nucleari. La tecnologia rileva gli antineutrini e può caratterizzare i loro profili energetici a chilometri di distanza, per monitorare l’attività dei reattori nucleari. “In questo lavoro, testiamo un progetto di rivelatore che potrebbe essere utilizzato per misurare l’energia delle emissioni di particelle dei reattori nucleari a fissione a grandi distanze”, ha detto Stephen Wilson, autore dello studio. “Questa informazione potrebbe dirci non solo se un reattore esiste e sul suo ciclo operativo, ma anche quanto è lontano il reattore”, ha continuato Wilson. I neutrini sono particelle elementari prive di carica che hanno una massa quasi pari a zero, mentre gli antineutrini sono la loro controparte di antimateria, spesso creata durante le reazioni nucleari. La cattura di queste antiparticelle e l’analisi dei loro livelli energetici fornisce informazioni su qualsiasi cosa, dal ciclo operativo a specifici isotopi nel combustibile esaurito. Il progetto del rivelatore del gruppo sfrutta la radiazione Cherenkov, un fenomeno in cui la radiazione viene emessa quando le particelle cariche che si muovono più velocemente della luce attraversano un particolare mezzo, come i boati sonici quando si supera la barriera del suono. Questo fenomeno è anche responsabile dell’inquietante bagliore blu dei reattori nucleari ed è stato utilizzato per rilevare i neutrini nei laboratori di astrofisica. I ricercatori hanno proposto di assemblare il loro dispositivo nel nord-est dell’Inghilterra e di rilevare gli antineutrini dai reattori di tutto il Regno Unito e della Francia settentrionale. Un impedimento, tuttavia, è che gli antineutrini provenienti dall’atmosfera superiore e dallo spazio possono confondere il segnale, soprattutto perché i reattori molto distanti producono segnali molto piccoli, a volte dell’ordine di un singolo antineutrino al giorno. Per take ragione, il gruppo ha proposto di collocare il rivelatore in una miniera a più di un chilometro di profondità. “Discriminare tra queste particelle è anche una sfida analitica significativa, e riuscire a misurare uno spettro di energia può richiedere un tempo impraticabile”, ha affermato Wilson. “Per molti versi, ciò che mi ha sorpreso di più è che questo non è in realtà impossibile”, ha aggiunto Wilson, che spera che il rivelatore stimoli ulteriori discussioni su come utilizzare gli antineutrini per monitorare i reattori, compresa la misurazione dello spettro di antineutrini del combustibile nucleare esaurito o lo sviluppo di rivelatori più piccoli da utilizzare vicino ai reattori. (30Science.com)