Valentina Di Paola

Il muso dei cani non si è rimpicciolito con la domesticazione, ma per una serie di altri fattori

(31 Luglio 2024)

Roma –  La letteratura scientifica sembra suggerire che la domesticazione potrebbe aver contribuito a una riduzione delle dimensioni nel muso dei cani, ma in realtà questo tratto sembra essersi sviluppato a seguito della concomitanza di diversi fattori ecologici, ambientali ed evolutivi. A sfidare la teoria di lunga data uno studio, pubblicato sulla rivista Biology Letters, condotto dagli scienziati dell’Università di Stoccolma e del Centro per la ricerca ecologica dell’Ungheria. Il team, guidato da László Zsolt Garamszegi e Niclas Kolm, ha utilizzato un metodo comparativo filogenetico per analizzare se il cane domestico (Canis familiaris) presenti un cervello particolarmente piccolo in relazione alle fattezze corporee rispetto ad altre specie di canidi. Finora, spiegano gli esperti, si pensava che le pressioni selettive più leggere e la conseguente ridotta necessità di tessuto cerebrale metabolicamente costoso avessero contribuito a restringere il cranio degli animali domestici. I ricercatori hanno esaminato i dati relativi alle dimensioni del cervello e del corpo di 25 specie di canidi, comprese antiche razze geneticamente vicine ai nostri fedeli pelosetti. Le analisi filogenetiche e le regressioni allometriche hanno mostrato che la riduzione delle dimensioni del cervello nei cani domestici non è una singolarità evolutiva inequivocabile. Le dimensioni del cervello osservate nei cani rientravano nell’intervallo previsto per la maggior parte delle razze antiche utilizzate nello studio, suggerendo che la domesticazione potrebbe non essere l’unico fattore associato alla riduzione delle dimensioni cerebrali. Gli studiosi hanno scoperto inoltre che il Nyctereutes procyonoides, comunemente noto come cane procione, sembra essere associato a un’anomalia notevole in termini di misure cerebrali. Gli scienziati hanno ipotizzato che il letargo, associato a periodi prolungati di bassa attività metabolica e scarsità di cibo, limiti l’evoluzione delle dimensioni del cervello a causa delle elevate richieste energetiche dei cervelli più grandi. Per questa ragione gli autori inferiscono che adattamenti ecologici, il letargo e altri fattori diversi dalla domesticazione potrebbero aver contribuito alla riduzione delle dimensioni del cervello nei canidi. Una prospettiva più equilibrata e meno incentrata sull’uomo potrebbe affinare la nostra comprensione della complessa interazione tra domesticazione ed evoluzione delle dimensioni del cervello nei mammiferi. Questo lavoro, concludono gli scienziati, potrebbe cambiare il modo in cui interpretiamo il ruolo evolutivo della domesticazione.(30Science.com)

Valentina Di Paola
Classe ’94, cresciuta a pane e fantascienza, laureata in Scienze della comunicazione, amante dei libri, dei gatti, del buon cibo, dei giochi da tavola e della maggior parte di ciò che è anche solo vagamente associato all’immaginario nerd. Collaboro con 30science dal gennaio 2020 e nel settembre 2021 ho ottenuto un assegno di ricerca presso l’ufficio stampa dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche. Se dovessi descrivermi con un aggettivo userei la parola ‘tenace’, che risulta un po’ più elegante della testardaggine che mi caratterizza da prima che imparassi a usare la voce per dar senso ai miei pensieri. Amo scrivere e disegnare, non riesco a essere ordinata, ma mi piace pensare che la mia famiglia e il mio principe azzurro abbiano imparato ad accettarlo. La top 3 dei miei sogni nel cassetto: imparare almeno una lingua straniera (il Klingon), guardare le stelle più da vicino (dal Tardis), pilotare un velivolo (il Millennium Falcon).