Emanuele Perugini

Materia Oscura: Rossi (INFN) “se non la trovano neanche i coreani allora bisogna ripensare l’Universo”

(4 Giugno 2024)

Roma – “Se non riuscissimo a rivelare la materia oscura dopo estese ricerche, significherebbe che qualcosa di fondamentale nelle nostre comprensioni attuali è errato o incompleto”. Ne è convinto Nicola Rossi, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che da anni sta cercando una spiegazione dell’anomalia rivelata dall’esperimento DAMA sulla materia oscura alla notizia che, in Corea del Sud sta per iniziare un nuovo esperimento che ha come specifico obiettivo un test indipendente dei risultati ottenuti al Gran Sasso al fine di confermarne o eventualmente confutarne il risultato.
“La collaborazione DAMA – spiega il ricercatore – attraverso l’utilizzo di cristalli scintillanti di ioduro di sodio (NaI) a bassissimo fondo, collocati ai LNGS, riporta da circa 20 anni la presenza di una modulazione stagionale degli eventi rivelati, compatibile con il moto relativo della Terra rispetto al Sole ed entrambi rispetto al centro della Galassia. L’ipotetica materia oscura, infatti, in forma di particelle pesanti debolmente interagenti, riempirebbe gli spazi interstellari della Via Lattea, e il moto relativo attraverso di essa produrrebbe l’attesa modulazione stagionale degli eventi che sporadicamente urterebbero i cristalli di DAMA”

© Massimo Brega/LNGS-INFN
Operazioni di calibrazione dell’apparato DAMA/LIBRA, esperimento volto all’investigazione della presenza di particelle di Materia Oscura nell’alone galattico utilizzando la marcatura indipendente da modelli, detta “modulazione annuale” del tasso di conteggio.

“Il problema è che altri rivelatori – ha aggiunto – sia presso il Gran Sasso sia in altri laboratori sotterranei in altre parti del mondo, con sensibilità in qualche modo confrontabili, sembrano però non confermare questo segnale. Alcuni usano bersagli diversi: per esempio, presso i LNGS c’è l’esperimento XENON-nT (circa 6 tonnellate di Xenon liquido) che ha posto uno dei limiti più stringenti sulle possibili interazioni di particelle di materia oscura, escludendo di fatto il segnale dichiarato da DAMA. E non è l’unico. Siccome conosciamo poco delle caratteristiche della materia oscura e della sua possibile natura particellare, per confrontare esperimenti con elementi bersaglio diversi, abbiamo bisogno di un modello teorico. Siccome un tale modello potrebbe essere incompleto, è bene cercare di riprodurre DAMA con lo stesso bersaglio di ioduro di sodio”.
Quindi, in nome della riproducibilità, come criterio fondamentale del metodo scientifico, per confermare o rigettare il segnale di DAMA, occorre ripetere lo stesso esperimento. “È in atto – spiega Rossi – una corsa di diversi gruppi sperimentali per cercare di riprodurre il risultato di DAMA in maniera indipendente. Due li abbiamo ai LNGS e si chiamano COSINUS, che entrerà in funzione nel 2026 e SABRE che, superata la fase di R&D, si appresta a realizzare i cristalli sufficienti per testare DAMA. Il nuovo laboratorio in Corea del Sud ospiterà una versione migliorata dell’esperimento COSINE-100 (che si chiamerà COSINE-200) e il tutto rientra in questo tentativo globale della comunità scientifica. C’è infine da sottolineare che COSINE-100, dalle analisi preliminari, sembra non confermare DAMA, e che un altro esperimento nei laboratori di Canfranc, nei Pirenei, dal nome ANAIS-100 sembrerebbe a sua volta in contrasto con i risultati di DAMA. Da questi due esperimenti ci aspettiamo a breve nuovi aggiornamenti”.
Quindi riassumendo, la ricerca diretta di materia oscura ha preso diversi percorsi. “La maggior parte dei rivelatori – chiarisce Rossi – sembra non vedere nulla, ad eccezione di DAMA che sembrerebbe presentare un segnale compatibile con la presenza di materia oscura nella Galassia in forma di particelle pesanti. Se anche l’anomalia di DAMA svanirà e altri esperimenti che usano tecniche alternative continueranno a pubblicare solo risultati nulli, dovremo seriamente iniziare a ripensare l’Universo”.
Infatti “Se non riusciamo a rivelare la materia oscura dopo estese ricerche – ha concluso – significherebbe che qualcosa di fondamentale nelle nostre comprensioni attuali è errato o incompleto. Questo richiederebbe lo sviluppo di nuove teorie e modelli per spiegare le osservazioni cosmiche senza fare affidamento sulla materia oscura, almeno come la intendiamo adesso. In sostanza la mancata scoperta della materia oscura implicherebbe una significativa revisione delle nostre attuali conoscenze sull’universo e potrebbe portare a nuove scoperte e comprensioni fondamentali in fisica e cosmologia”.(30Science.com)

Emanuele Perugini
Sono un giornalista. Sono nato nel 1970 e ho cominciato a scrivere nel 1994. Non ho più smesso. Nel corso della mia carriera ho scritto molto di scienza, di ambiente, di salute cercando di portare la scienza e la profondità dell'analisi scientifiche in ogni ambito di cui mi sono occupato.