Roma – Grano, orzo, avena e anche piante che potevano avere un effetto psicotropo e che, sembrano essere utilizzate in occasioni rituali: ecco a cosa servivano i falcetti neolitici scoperti nel sito de La Marmotta, sul Lago di Bracciano (Rm). Sono questi i principali risultati di uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori guidato da Daniele Arobba (Museo Archeologico del Finale, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Chiostri di Santa Caterina, Finale Ligure) i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Journal of Archaeological Science.
I ricercatori hanno analizzato i pollini contenuti nei mastici in resina di pino di alcuni falcetti provenienti dal sito neolitico nei pressi di Anguillara Sabazia e sono riusciti non solo a comprendere meglio le abitudini degli antichi abitanti, le loro attività economiche e il loro modo di vivere, ma anche le trasformazioni che la pratica di questa antica forma di agricoltura ha prodotto sull’ambiente lacustre. Tra i pollini catturati dalle resine utilizzate per la costruzione delle falci, oltre a avena, grano e orzo, anche quello di una pianta nota per i suoi effetti psicotropi. Su uno dei falcetti è stato trovato infatti pollini di piante del genere Oenanthe, note per i loro effetti tossici e psicotropi.
Per verificare i risultati raccolti sui falcetti neolitici, i ricercatori hanno anche condotto una serie di analisi sperimentali riproducendo degli utensili e verificando la capacità del mastice di catturare effettivamente il polline delle piante su cui l’utensile aveva lavorato. “Il ritrovamento di granuli pollinici di tipo Hordeum e di tipo Avena – Triticum – si legge nell’articolo – ha confermato l’uso predominante di questi attrezzi agricoli per la raccolta dei cereali. In particolare, una particolare falce neolitica, la cui resina conservava principalmente polline di tipo Oenanthe, si distingue per il suo uso esclusivo nel taglio di piante erbacee di potenziale interesse medicinale”.
“Una situazione unica è stata osservata nell’adesivo della falce n. 23001, – si legge nell’articolo – dove la presenza di pollini di tipo Oenanthe (cfr. O. acquatica, O. fistulosa, O. globulosa, O. lachenalii, O. pimpinelloides e O. silaifolia) caratterizza l’intero spettro pollinico. Questa scoperta supporta l’ipotesi che questa falce veniva utilizzata per la raccolta di questi taxa, che sono attualmente riconosciute principalmente come piante tossiche e psicotrope e sono significativamente ridotta nelle zone umide a causa delle bonifiche”. “Tutte le specie del genere Oenanthe – osservano i ricercatori – sono entomofile, caratteristica che fornisce un’ulteriore conferma dell’abbondanza locale di queste piante. Questa scoperta si aggiunge al record esistente per questo
sito di altre specie di interesse medicinale o officinale, come semi e capsule di Papaver somniferum. L’impiego di queste piante, capaci di provocare avvelenamenti e, a piccole dosi, alterazioni psicologiche, potrebbero far pensare ad una funzione rituale”.
Il sito lacustre La Marmotta, situato sulla sponda orientale del Lago di Bracciano (Anguillara Sabazia, Roma, Italia), è stato indagato nel corso di numerose campagne di scavo subacqueo tra il 1989 e il 2009. Il deposito archeologico si trova a una profondità di 11 m sott’acqua. La costante sommersione del villaggio ha consentito l’eccezionale conservazione dei resti di una comunità del Neolitico antico. Il sito è rinomato per l’abbondanza di resti, tra cui utensili, tessuti, vimini e vari oggetti di uso quotidiano, oltre a testimonianze di abitazioni e mezzi di trasporto, come piroghe. L’antico insediamento sembra occupare un’area significativa, estesa circa 2 ettari, distribuita lungo l’antico litorale, e presenta una notevole pianificazione territoriale. Quest’area geografica sembrava esercitare una particolare attrazione per la popolazione di quel periodo, in quanto offriva diverse risorse, tra cui un sicuro approvvigionamento idrico, terreni fertili e un’ampia copertura forestale per l’approvvigionamento di vari tipi di legname da costruzione.
Un’ampia gamma di date al radiocarbonio collocano l’insediamento tra il 5690 e il 5260 a.C., coprendo un arco di circa 430 anni. Nello specifico sono state individuate due fasi distinte: una fase anteriore (Strato II) ed una successiva (Strato I) sigillata da uno strato di chiocciola (cosiddetto “chiocciolaio”), contenente per lo più materiali relativi agli ultimi anni di occupazione del villaggio, al crollo delle strutture e al momento del definitivo abbandono dell’area a causa dell’esondazione delle acque lacustri.
Negli ultimi mesi, numerosi reperti rinvenuti nel sito sono stati oggetto di nuove analisi. Dalle piroghe, le più antiche dell’area del Mediterraneo agli utensili per l’agricoltura, ai reperti tessili, tutti questi lavori di ricerca hanno permesso di rivalutare l’importanza di questo straordinario sito neolitico e sono stati inclusi in un nuovo volume che sarà presentato a Bracciano (Roma) il prossimo 20 aprile presso la Chiesa del Riposo nel corso di un evento organizzato da Forum Clodii al quale parteciperanno i ricercatori protagonisti di questi nuovi studi.(30Science.com)