Roma – I buchi neri sono ancora un mistero, ma gli strumenti di prossima generazione potrebbero contribuire a chiarire alcuni degli aspetti più curiosi di questi oggetti cosmici inesplorati. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, condotto dagli scienziati dell’Institute for Fundamental Physics of the Universe (IFPU). Il team, guidato da Stefano Liberati, ha raccolto i risultati di un confronto tra esperti teorici e fenomenologici, ricercatori e dottorati, emersi durante un workshop IFPU dedicato. Gli autori hanno preso in considerazione le singolarità al centro dei buchi neri standard, teorizzati per la prima volta nel 1916, un anno dopo la pubblicazione del lavoro di Einstein sulla relatività generale. Questi elementi cosmici, spiegano gli esperti, hanno una massa così concentrata che nulla, nemmeno la luce, riesce a sfuggire alla loro attrazione gravitazionale. Negli anni ’60, divenne chiaro che la curvatura dello spaziotempo diventa davvero infinita al centro di un buco nero: una singolarità in cui le leggi della fisica cessano di trovare applicazione. Nonostante il florido dibattito su questi curiosi oggetti cosmici, nessuna delle osservazioni ha fornito risposte definitive sulla natura delle singolarità.

Buco nero singolare e alternative non singolari
Credito
Sissa Medialab. Immagine di sfondo tratta da ESO/Cambridge Astronomical Survey Unit (https://www.eso.org/public/images/eso1101a/)
“I partecipanti al panel – riporta Liberati – avevano opinioni divergenti su alcuni argomenti, ma a seguito del dibattito hanno modificato in parte le loro posizioni”. I ricercatori hanno delineato tre modelli principali di buco nero. In primis è stato descritto il buco nero standard, prevista dalla relatività generale, con una singolarità e un orizzonte degli eventi. Successivamente, gli autori considerano il buco nero “normale”, che elimina la singolarità ma conserva l’orizzonte. Il terzo modello è quello del buco nero “mimetico”, che riproduce le caratteristiche esterne di un buco nero ma non ha né una singolarità né un orizzonte degli eventi. Nell’ambito del lavoro, gli studiosi analizzano anche come potrebbero formarsi i buchi neri normali e quelli mimetici, descrivendo alcuni dei test osservativi che potrebbero distinguerli dai buchi neri standard. “Avremo bisogno – spiega Liberati – di strumenti e canali di osservazione sempre più sofisticati. Le immagini ad alta risoluzione dell’Event Horizon Telescope potrebbero rivelare dettagli inaspettati nella luce riflessa attorno ai buchi neri. Le onde gravitazionali potrebbero mostrare sottili anomalie compatibili con geometrie dello spaziotempo non classiche. E la radiazione termica proveniente dalla superficie di un oggetto senza orizzonte potrebbe offrire un altro indizio promettente”. “Le conoscenze attuali non sono ancora sufficienti per determinare esattamente che tipo di perturbazioni cercare – conclude – ma stiamo entrando in un’era caratterizzata da un panorama vasto e inesplorato di studi sulla gravità. È entusiasmante”. (30Science.com)