Roma – Se grazie ai nuovi farmaci anti-obesità, terapie basate sulle incretine (semaglutide e tirzepatide), si ottiene un notevole vantaggio per la perdita di peso, un dimagrimento cospicuo, nell’arco di pochi mesi, lascia inevitabile dei segni e degli inestetismi a livello del corpo, ma anche del viso. A puntare i riflettori sul problema sono gli esperti della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME), in occasione del 46esimo congresso annuale. “Una perdita di peso abbastanza rapida – afferma Emanuele Bartoletti, presidente della SIME – che riguarda prevalentemente il tessuto adiposo, molto meno quello muscolare e per niente quello osseo (perché non si tratta di un processo di invecchiamento, ma solo di una perdita di peso), può determinare degli inestetismi a livello del viso, che appare smunto e scavato, conferendo al paziente un’aria poco sana. I tessuti inoltre, non più sostenuti dal volume del tessuto adiposo, tendono a scendere verso il basso, a cedere alla forza di gravità. E questo può determinare un accumulo di tessuto adiposo a livello della mandibola, con la comparsa dei ‘bargigli’. Oltre alle guance infine, anche le tempie cominciano a scavarsi. Tutto questo contribuisce a dare l’impressione di una persona poco sana, emaciata, invecchiata precocemente”. Ma è possibile correggere le “facce da incretine”, ritrovando un aspetto sano e restituendo freschezza al volto dopo il dimagrimento. “Il medico estetico può correggere questi difetti attraverso una serie di interventi. In primo luogo, vanno rimessi in tensione i legamenti, che sostengono le ‘logge’ che contengono il tessuto adiposo del viso, in modo tale da riposizionarle verso l’alto”, sottolinea Bartoletti. “Poi dovrà provvedere a ridare volume alle logge adipose stesse, che si sono svuotate. Normalmente queste correzioni – prosegue – vengono effettuate soprattutto nella regione sotto lo zigomo e della guancia. Questo si può ottenere attraverso la medicina rigenerativa, andando a prelevare del tessuto adiposo a livello dell’addome o dei fianchi e facendo un lipofilling autologo a livello del volto (è una metodica chirurgica). Si tratta della prima scelta, viste le potenzialità del tessuto adiposo come tessuto rigenerativo. Qualora questo non fosse possibile, si può ricorrere non tanto ai filler, che per aumentare i volumi dovrebbero essere abbastanza densi e strutturati (e quindi rischierebbero di essere troppo visibili o ‘palpabili’ a livello delle guance), quanto piuttosto ai bio-ristrutturanti”. Si tratta di sostanze, come l’acido polilattico, il policaprolattone o l’idrossiapatite diluita, da iniettare nel sottocutaneo (e non in superficie o in profondità, ma proprio lì dove si trova il tessuto adiposo), per stimolare la deposizione di collagene. “Queste sostanze insomma – evidenzia Bartoletti – operano un riempimento indiretto: non solo loro che ‘riempiono’, ma il collagene del quale inducono la deposizione di collagene, che nel tempo porta ad un aumento di volume. Per la zona delle tempie, si può utilizzare o l’idrossiapatite di calcio, da iniettare in profondità, sotto del muscolo temporale e sopra la superficie ossea, o dell’acido ialuronico da iniettare in superficie. Anche per ridistendere il bordo mandibolare si può utilizzare una sostanza come l’idrossiapatite di calcio o l’acido ialuronico, in questo caso molto cross-linkato, cioè molto ‘robusto’, da iniettare sopra l’osso per cercare di aumentare un po’ il volume della mandibola e distendere i tessuti molli che scendendo si accumulano a livello del bargiglio. In un secondo momento, dopo aver operato tutte queste correzioni e aver ristabilito lo spessore del tessuto sottocutaneo, se necessario è possibile ricorrere anche ai fili da trazione”. (30Science.com)
Valentina Arcovio
SIME: con farmaci anti-obesità aumentano inestetismi su corpo
(15 Maggio 2025)
Valentina Arcovio