Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Studiosi lanciano l’allarme sugli effetti catastrofici dell’estrazione mineraria negli oceani

(15 Aprile 2025)

Roma – L’attività mineraria in acque profonde (DSM) non solo comporta significativi rischi ambientali e sociali che potrebbero avere implicazioni di vasta portata per le comunità costiere e i piccoli stati insulari in via di sviluppo (SIDS), ma rischia anche di avere disastrosi effetti negativi sull’economia, e in particolare sui premi delle assicurazioni. E’ l’allarme lanciato da uno studio guidato dall’Università della British Columbia e pubblicato su PLOS One. “I rischi associati al DSM vanno ben oltre il degrado ambientale: rappresentano pericoli significativi per gli ecosistemi marini, le comunità costiere e indigene e per le aziende, in particolare per il settore assicurativo”, ha affermato il dott. Rashid Sumaila, professore presso l’Institute for the Oceans and Fisheries (IOF) e la School of Public Policy and Global Affairs (SPPGA) dell’Università della British Columbia e autore principale dello studio. “Le potenziali passività insite nelle attività di DSM richiedono una rivalutazione degli attuali modelli assicurativi. La nostra analisi ha indicato che le attività di DSM porteranno a un forte aumento dei rischi economici, dell’ordine dell’11 per cento”. Per i piccoli stati insulari, il cambiamento climatico sta già producendo gravi conseguenze finanziarie ed economiche, che hanno portato a punteggi di rischio più elevati, con conseguenti aumenti o indisponibilità della copertura assicurativa. Una ricercatrice indipendente indiana, la dott.ssa K. Pradhoshini, coautrice di questo studio, ha commentato che “molti stati insulari stanno già affrontando una ridotta partecipazione da parte delle compagnie assicurative private, costringendo i governi a fornire assicurazioni statali con una copertura limitata. In un simile scenario, un punteggio di rischio ancora più elevato, come osservato nel nostro studio, può avere un impatto negativo sul rating creditizio sovrano di un paese, aumentando i costi di indebitamento. Ciò rende più difficile per i piccoli stati insulari ottenere finanziamenti internazionali per progetti infrastrutturali e di adattamento climatico. Anche pesca e turismo, settori economici chiave per molti piccoli stati insulari, sono direttamente legati alla stabilità ambientale. Se i punteggi di rischio aumentano a causa delle minacce climatiche o del degrado degli ecosistemi causato dalla DSM, le imprese potrebbero subire perdite, con conseguente instabilità occupazionale, scoraggiamento degli investimenti, limitazioni alla crescita finanziaria e instabilità economica”. Il Dott. Sumaila concorda, osservando che i piani attualmente previsti per il DSM sono mirati alla zona di Clarion-Clipperton nell’Oceano Pacifico, una delle aree di pesca del tonno più ricche al mondo. “L’aumento delle temperature oceaniche sta già causando la migrazione delle specie di tonno verso est, riducendo il pescato all’interno delle zone economiche esclusive (ZEE) dei SIDS del Pacifico, con una potenziale perdita economica fino a 140 milioni di dollari all’anno entro il 2050 per queste nazioni. Le attività di estrazione mineraria in acque profonde possono creare cumuli di sedimenti, introdurre inquinamento acustico e luminoso e scaricare acque con concentrazioni più elevate di metalli, potenzialmente alterando gli habitat dei tonni e alterandone i modelli di migrazione, il che avrebbe un effetto devastante sulla sostenibilità della pesca del tonno e sulla resilienza economica dei SIDS”. (30Science.com)

 

Gianmarco Pondrano d'Altavilla