Roma – Gettata nuova luce sulla sulla natura del vulcano “zombie” Uturuncu, situato nelle Ande centrali della Bolivia. A farlo uno studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati guidato dall’Università di Oxford, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, PNAS. La ricerca analizza le cause dei disordini interni di questo vulcano, che non erutta da 250.000 anni ma mostra ancora attività sismica e deformazioni del terreno. Utilizzando oltre 1.700 eventi sismici, modelli fisici e analisi della composizione delle rocce, la squadra di ricerca ha ricostruito immagini tridimensionali ad alta risoluzione del sistema idraulico nella crosta superficiale sotto Uturuncu. La ricerca ha identificato che l’instabilità del vulcano è dovuta al movimento di liquidi e gas in serbatoi sotto il cratere, responsabili del caratteristico sollevamento centrale del terreno, deformazione a “sombrero”, e del cedimento delle aree circostanti.
- Cerro Uturuncu, uno dei tanti vulcani dell’altopiano boliviano che si trovano sopra il corpo magmatico dell’Altiplano-Puna. Foto di Jon Blundy, Università di Oxford. Credito Foto di Jon Blundy, Università di Oxford.
- Cerro Uturuncu, a destra, e Cerro San Antonio, a sinistra, vulcani sopra la cittadina di Quetena Chico sull’altopiano boliviano. Foto: Jon Blundy, Università di Oxford. Credito Jon Blundy, Università di Oxford.
- Gravimetro e stazione GPS con il Cerro Uturuncu sullo sfondo. Foto di Duncan Muir, Università di Cardiff. Credito Duncan Muir, Università di Cardiff.
Questo sistema idraulico complesso collega il grande corpo magmatico, noto come Complesso Vulcanico Altiplano-Puna, alla superficie tramite un sistema idrotermale attivo. Tuttavia, i risultati indicano una bassa probabilità di un’eruzione imminente, rassicurando così la popolazione locale. La tomografia sismica, tecnica simile a una TAC medica, ha permesso di visualizzare i percorsi ascendenti dei fluidi riscaldati geotermicamente e di localizzare i serbatoi di accumulo di liquidi e gas sotto il vulcano. Questo studio multidisciplinare rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei vulcani “zombie” e potrà essere applicato ad altri sistemi vulcanici potenzialmente attivi o dormienti nel mondo. “I nostri risultati dimostrano come metodi geofisici e geologici interconnessi possano essere utilizzati per comprendere meglio i vulcani, i pericoli e le potenziali risorse che rappresentano”, ha affermato Mike Kendall, del Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Oxford. In conclusione, lo studio fornisce una mappa dettagliata dell’anatomia interna di Uturuncu, spiegando l’origine della sua instabilità e contribuendo a una migliore valutazione del rischio vulcanico nella regione. (30Science.com)