Roma – La comunicazione vocale dei bonobo si basa ampiamente sulla composizionalità, in modo simile al linguaggio umano. A questa curiosa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Università di Zurigo e dell’Università di Harvard. Il team, guidato da Simon Townsend e Mélissa Berthet, ha utilizzato metodi linguistici per analizzare il comportamento vocale dei bonobo selvatici nella riserva comunitaria di Kokolopori, nella Repubblica Democratica del Congo.

Mia, una giovane femmina di bonobo della comunità Fekako, emette suoni in risposta ai membri del gruppo che si trovano a distanza.
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Martin Surbeck, Progetto di ricerca sui bonobo di Kokolopori
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Lukas Bierhoff, Progetto di ricerca sui bonobo di Kokolopori
La composizionalità, spiegano gli esperti, è la capacità di combinare parole significative in frasi il cui significato è correlato al significato delle parole e al modo in cui sono combinate. Nell’esempio più banale, il significato della combinazione è l’aggiunta delle sue parti: ad esempio, “ballerina bionda” si riferisce a una persona che è sia bionda che ballerina. Tuttavia, nella composizionalità più complessa, una parte della combinazione modifica l’altra. Ad esempio, “brava ballerina” non si riferisce a una persona cattiva che è anche ballerina. In questo caso, il significato di “brava” non è indipendente ma integra quello della parola che segue.
Nell’ambito dell’indagine, gli autori hanno applicato un metodo sviluppato dai linguisti per quantificare il significato delle parole umane. Questo ha portato a una sorta di dizionario dei bonobo, un elenco completo dei richiami e del loro significato. “Il nostro lavoro – afferma Berthet – rappresenta un passo importante verso la comprensione della comunicazione di altre specie, poiché è la prima volta che abbiamo determinato il significato dei richiami nell’intero repertorio vocale di una specie animale”.

Tupac, un giovane bonobo maschio che si gratta la testa.
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Lukas Bierhoff, Progetto di ricerca sui bonobo di Kokolopori
Dopo aver determinato il significato delle singole vocalizzazioni, gli scienziati hanno esaminato le combinazioni dei richiami, il che ha permesso di quantificare il modo in cui il significato dei richiami singoli e delle combinazioni di richiami dei bonobo si relazionano tra loro. Sono emerse numerose combinazioni di richiami il cui significato era correlato al significato delle loro singole parti, un segno distintivo fondamentale della composizionalità. Inoltre, riportano gli studiosi, alcune delle combinazioni di richiami presentavano una sorprendente somiglianza con le strutture compositive non banali più complesse del linguaggio umano.

Olive, una madre bonobo della comunità Ekalakala alle prime armi, emette suoni verso i membri lontani del gruppo.
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Lukas Bierhoff, Progetto di ricerca sui bonobo di Kokolopori
“Gli esseri umani e i bonobo – osserva Townsend – avevano un antenato comune circa 7-13 milioni di anni fa, per cui condividono molti tratti per discendenza. La composizionalità sembra uno di questi”. “Il nostro studio – conclude Martin Surbeck, di Harvard – suggerisce quindi che i nostri antenati utilizzassero ampiamente la composizionalità almeno 7 milioni di anni fa, se non di più. I risultati indicano anche che la capacità di costruire significati complessi da unità vocali più piccole esisteva molto prima che emergesse il linguaggio umano e che la comunicazione vocale dei bonobo condivide più somiglianze con il linguaggio umano di quanto si pensasse in precedenza”. (30Science.com)