Lucrezia Parpaglioni

I guardiani della vigna: cani e chimica combattono l’oidio

(24 Marzo 2025)

Roma –  L’analisi dei composti organici volatili, COV, emessi dalle viti infette da oidio, detto anche mal bianco, nebbia o albugine, una malattia trofica delle piante causata da funghi potrebbe migliorare l’addestramento dei cani da vigneto. Lo rivela uno studio guidato dalla Texas Tech University. I risultati, presentati alla riunione primaverile dell’American Chemical Society, ACS, mostrano che le foglie sane rilasciano meno vapori nel tempo e hanno più composti di odori acidi rispetto alle foglie infette. La ricerca mira a sviluppare una diagnosi olfattiva standardizzata per l’oidio, consentendo un rilevamento precoce e una gestione più efficace della malattia. L’oidio è una malattia fungina altamente contagiosa che minaccia la produzione e la qualità dell’uva. L’identificazione tradizionale si basa sull’ispezione visiva, che spesso avviene quando l’infezione è già in fase avanzata, richiedendo un uso intensivo di fungicidi. “Abbiamo dimostrato la capacità di rilevare l’oidio attraverso l’olfatto, ma le molecole specifiche responsabilità di questa risposta non sono ben definite”, ha spiegato Nayelly Rangel, studentessa laureata presso la Texas Tech University. “Questa ricerca mira a colmare questa lacuna identificando i COV emessi dalle foglie di vite infette, con l’obiettivo di ottimizzare l’addestramento dei cani da vigneto e migliorare il rilevamento precoce della malattia”, ha continuato Rangel. I ricercatori hanno raccolto campioni di foglie di vite infette da oidio in diverse fasi dell’infezione. Per mantenere intatti i campioni di foglie per l’addestramento dei cani, hanno utilizzato una tecnica che prevede l’inserimento di una foglia in una fiala con una minuscola fibra assorbente. Questa fibra raccoglie le sostanze chimiche dall’aria sopra la foglia. I COV attaccati alla fibra sono stati poi protettivi mediante gascromatografia-spettrometria di massa, analizzando lo spazio aereo che i cani annusano direttamente. I risultati suggeriscono che i cani possono rilevare cambiamenti sottili nella composizione chimica delle foglie infette, anche nelle prime fasi della malattia. Le scoperte si allineano con le strategie di gestione integrata dell’oidio, che mirano a ridurre l’uso di fungicidi chimici promuovendo pratiche agricole sostenibili. Il rilevamento precoce è essenziale per ridurre al minimo i danni e prevenire la diffusione della malattia. I cani addestrati a riconoscere i COV specifici associati all’infezione da odio potrebbero fornire uno strumento di monitoraggio rapido ed efficace. La ricerca indica il potenziale dei cani come strumento di rilevamento precoce dell’oidio nelle vigne. Identificando i composti chimici specifici che i cani rilevano, i ricercatori sperano di ottimizzare i protocolli di addestramento e migliorare l’accuratezza e la sensibilità del rilevamento. “Questa diagnosi olfattiva potrebbe ridurre la dipendenza dai metodi di ispezione visiva, che spesso si verificano quando l’infezione è già diffusa”, ha affermato Rangel. “Questa strategia può aiutare a proteggere i vigneti da questa malattia diffusa e dannosa”, ha concluso Rangel.(30Science.com)

Lucrezia Parpaglioni
Sono nata nel 1992. Sono laureata in Media Comunicazione digitale e Giornalismo presso l'Università Sapienza di Roma. Durante il mio percorso di studi ho svolto un'attività di tirocinio presso l'ufficio stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Qui ho potuto confrontarmi con il mondo della scienza fatto di prove, scoperte e ricercatori. E devo ammettere che la cosa mi è piaciuta. D'altronde era prevedibile che chi ha da sempre come idolo Margherita Hack e Sheldon Cooper come spirito guida si appassionasse a questa realtà. Da qui la mia voglia di scrivere di scienza, di fare divulgazione e perché no? Dimostrare che la scienza può essere anche divertente.