Valentina Arcovio

L’ uso smartphone per 1 ora a letto aumenta l’insonnia

(31 Marzo 2025)

Roma – L’utilizzo di smartphone e schermi in generale a letto può aumentare il rischio di insonnia del 59 per cento. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychiatry, condotto dagli scienziati del Norwegian Institute of Public Health. Il team, guidato da Gunnhild Johnsen Hjetland, ha considerato i dati raccolti da oltre 45 mila giovani adulti in Norvegia, che hanno risposto a un sondaggio relativo alle abitudini quotidiane. “Il sonno è fondamentale per la nostra salute fisica e mentale – afferma Hjetland – ma molte persone non dormono abbastanza. Sappiamo che l’uso degli schermi può influenzare i ritmi circadiani, ma finora gli studi volti a valutare gli impatti dei telefoni sulla salute del sonno si sono concentrati sulle popolazioni adolescenti. Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno considerato i dati di 45.202 partecipanti di età compresa tra 18 e 28 anni, che hanno riportato le loro abitudini relative all’uso degli schermi. Ai volontari è stato chiesto di riportare il tipo di attività eseguita e il tempo trascorso sul telefono, oltre agli orari di addormentamento e risveglio. I risultati, riportano gli autori, hanno suggerito che utilizzare lo schermo per un’ora dopo essersi stesi a letto aumenta il rischio di insonnia del 59 per cento e riduce il tempo di sonno di 24 minuti. Curiosamente, non sono emerse distinzioni significative sulla base della tipologia di attività eseguita sullo smartphone. “Consigliamo a tutti di ridurre l’uso dello smartphone tra i 30 e i 60 minuti prima di dormire – aggiunge Hjetland – nei prossimi step, sarà interessante valutare coorti più ampie e variegate. Potrebbero esistere notevoli differenze nella relazione tra l’uso dello schermo e il sonno a livello globale”. “Nel complesso – conclude – il nostro lavoro non permette di determinare il nesso di causalità, e non abbiamo incluso valutazioni fisiologiche, che potrebbero fornire informazioni più precise sui modelli di sonno. Sarà pertanto necessario condurre ulteriori approfondimenti”. (30Science.com)

Valentina Arcovio