Roma – Grazie a un nuovo modello di analisi è ora possibile comprendere come le piante influiscono sul movimento del ciclo dell’acqua a livello globale. È quanto emerge da uno studio guidato dall’Università del Connecticut e pubblicato su Scientific Data. Le piante svolgono ruoli essenziali nei processi della Terra, dalla cattura del carbonio alla messa a disposizione dell’ossigeno per altre forme di vita come gli esseri umani. Le piante sono anche responsabili del movimento del ciclo dell’acqua, con il 60 per cento di tutta la pioggia che viene restituita all’atmosfera tramite la loro traspirazione. Questo enorme movimento di acqua su scala globale attraverso le piante è complesso e attualmente rappresentato dai modelli del sistema terrestre (ESM) in modo semplificato, dove tutte le piante in una regione vengono considerate come un’unica entità (vale a dire, un tipo funzionale di pianta). “I tipi funzionali delle piante (PFT) vengono utilizzati perché non sappiamo molto sui dettagli delle singole specie vegetali”, afferma James Knighton, primo autore del nuovo studio, “Sarebbe più difficile prendere una mappa dettagliata della vegetazione su un continente e inserire tutti i valori corretti per ogni singola specie, quindi è più facile considerare solo un PFT generico”. Il problema con i PFT è che le diverse specie di piante variano nei loro tratti idrologici, ovvero nel modo in cui l’acqua si muove attraverso le piante, e questa semplificazione eccessiva di tali tratti limita l’efficacia dei modelli di analisi del clima. Knighton e i suoi colleghi hanno deciso di affrontare questo problema, esaminando i pochi dati disponibili su determinate piante, informazioni come quanto cresce in altezza un albero, quanto in profondità scendono le radici o quanto velocemente scorre l’acqua all’interno della pianta. Hanno quindi confrontato la storia di quelle specie e la loro parentela con altre specie in quello che viene chiamato un test filogenetico per quei tratti. “Abbiamo cercato di vedere quanto fossero simili i valori dei tratti tra specie strettamente correlate, e l’idea alla base è che, se questi tratti sono fondamentali per la loro sopravvivenza, l’evoluzione avrà preservato i valori dei tratti, non si saranno dispersi casualmente”, afferma Knighton. “Ad esempio, se far crescere radici profonde fosse fondamentale per la sopravvivenza di un certo tipo di pianta, le specie che si diramano da quella avranno probabilmente anche radici profonde, e tutto ciò che è in quella famiglia o in quel genere avrà una struttura radicale simile”. I ricercatori hanno eseguito il test per tutti i tratti e Knighton afferma di aver riscontrato alti livelli di conservazione nell’intero albero filogenetico, il che significa che le specie strettamente correlate tendono ad avere tratti più simili. Sulla base di questa scoperta hanno ricostruito i tratti di piante sulle quali mancavano i dati – correlate a quelle sui quali i dati si avevano – utilizzando l’intelligenza artificiale. “Abbiamo utilizzato – conclude Knighton – diverse tecniche di apprendimento automatico numerico e, nel farlo, siamo stati in grado di creare un database di informazioni critiche per 55.000 specie di piante”. Knighton afferma che questo lavoro è una prima approssimazione, ma è un punto di partenza importante per ottenere modelli climatici del ciclo d’acqua più precisi. (30Science.com)