Gianmarco Pondrano d'Altavilla

Grazie alle bucce di pomelo riciclate si producono energia e sensori

(14 Febbraio 2025)

Roma – Con le bucce di pomelo riciclate è possibile sviluppare strumenti in grado di alimentare piccoli dispositivi elettrici o anche strumenti capaci di monitorare i movimenti biomeccanici. È quanto emerge da uno studio guidato dall’Università dell’Illinois Urbana-Champaign e pubblicato su ACS Applied Materials & Interfaces. Il pomelo è un grande agrume comunemente coltivato nell’Asia orientale. Ha una buccia molto spessa, che viene solitamente scartata, con conseguente notevole spreco di cibo. Un frutto di pomelo pesa in genere da 1 a 2 chilogrammi e la buccia ne rappresenta il 30-50 per cento. Nello studio, i ricercatori hanno separato la buccia dalla polpa e rimosso lo strato più esterno. La buccia bianca spessa e spugnosa rimanente è stata tagliata in pezzi più piccoli e liofilizzata per preservarne la struttura tridimensionale e porosa unica, quindi conservata in diverse condizioni di umidità. Dopo aver analizzato la composizione chimica e le proprietà meccaniche della buccia, il team di ricerca le ha utilizzate per creare dispositivi in grado di convertire l’energia meccanica in elettricità oppure capaci di fungere da sensori di movimento autoalimentati. “Questi dispositivi – hanno spiegato gli autori – sfruttano il principio dell’elettrificazione da contatto. Può sembrare complesso, ma in realtà è piuttosto semplice e lo sperimentiamo continuamente. Ad esempio, quando tocchiamo una maniglia della porta, soprattutto in inverno, a volte sentiamo una scossa. Il meccanismo fondamentale è l’elettrificazione da contatto, o triboelettrificazione: ‘tribo’ significa sfregamento. Quando due materiali vengono sfregati l’uno contro l’altro, si può formare elettricità statica a causa del trasferimento di cariche tra di loro. Volevamo esplorare se potevamo raccogliere e utilizzare quell’elettricità”. I ricercatori hanno utilizzato biomassa di buccia di pomelo e una pellicola di plastica (poliimmide) come due strati triboelettrici che vengono messi in contatto quando è presente una forza esterna. Hanno attaccato un elettrodo in lamina di rame a ciascuno di questi strati e hanno valutato quanto bene il dispositivo risultante potesse convertire l’energia meccanica esterna in elettricità. Ne è emerso che potevano accendere circa 20 diodi a emissione di luce (LED). Hanno anche dimostrato che una calcolatrice o un orologio sportivo possono essere alimentati esclusivamente da queste forze meccaniche, senza bisogno di elettricità esterna, quando il dispositivo è integrato con un sistema di gestione dell’alimentazione che include un’unità di accumulo di energia. “Questa applicazione – continuano i ricercatori – ha un forte potenziale per convertire energia altrimenti sprecata in elettricità utile. Abbiamo anche scoperto che, grazie alla struttura naturalmente porosa della buccia di pomelo, i dispositivi triboelettrici basati su di essa possono essere altamente sensibili alla forza e alla frequenza della forza. Questo ci ha ispirato a sviluppare dispositivi di rilevamento che possono essere collegati al corpo umano per il monitoraggio biomeccanico”. Una volta applicati a varie parti del corpo, i sensori proof-of-concept dei ricercatori sono stati in grado di monitorare il movimento biomeccanico, come i movimenti delle articolazioni e gli schemi dell’andatura. Questo perché i movimenti di diverse parti del corpo possono portare all’elettrificazione da contatto tra gli strati triboelettrici, generando segnali elettrici distinti corrispondenti a diversi movimenti. Questa capacità ha un grande potenziale per fornire preziose informazioni per i professionisti dell’assistenza sanitaria e della riabilitazione fisica. (30Science.com)

Gianmarco Pondrano d'Altavilla