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Unibo, è possibile usare l’acqua come nuovo carburante spaziale

(5 Febbraio 2025)

Roma – Il nuovo progetto europeo WET – Water-based Electric Thrusters, coordinato dall’Università di Bologna, studierà i processi fondamentali che regolano la formazione e il comportamento del plasma generato a partire dall’acqua per arrivare a progettare un propulsore elettrico capace di azionare i veicoli spaziali

Usare l’acqua come carburante, per viaggiare nello spazio. È la sfida di WET – Water-based Electric Thrusters, nuovo progetto di ricerca Horizon Europe coordinato dall’Università di Bologna. Gli studiosi esploreranno il comportamento del plasma generato a partire dall’acqua per ideare una nuova tipologia di propulsore elettrico da utilizzare sui satelliti spaziali.

“Con questo progetto vogliamo fare un passo decisivo verso la standardizzazione di tecnologie di propulsione sostenibili, in grado di ridurre l’impatto ambientale delle missioni spaziali e di sfruttare le risorse disponibili nello spazio”, spiega Fabrizio Ponti, professore al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna (Campus di Forlì), che coordina l’iniziativa. “Grazie all’acqua, un propellente ecologico e versatile, potranno aprirsi possibilità inedite per l’esplorazione dello spazio profondo, con un occhio di riguardo alla sostenibilità economica e ambientale”.

Ospitato all’Alma Propulsion Laboratory, nel Campus di Forlì dell’Alma Mater, il progetto WET punta a sfruttare l’acqua come propellente per i thruster spaziali, trasformandola in plasma e utilizzando l’energia elettrica prodotta per generare spinta cinetica. A lavorare su questa sfida ci sarà un consorzio di nove università e istituti di ricerca provenienti da Europa, Africa e Oceania che metterà in campo competenze di ingegneria avanzata, sulla fisica del plasma e su sistemi tecnologici innovativi.

Il gruppo di ricerca studierà i processi fondamentali che regolano la formazione e il comportamento del plasma generato a partire dall’acqua per arrivare a progettare un propulsore elettrico capace di azionare i veicoli spaziali.

I laboratori utilizzati verranno potenziati per permettere la validazione sperimentale delle nuove tecnologie e saranno anche testati strumenti per misurare e caratterizzare il plasma a base d’acqua, garantendo così risultati precisi e ripetibili.

Tutto questo per dare vita a un nuovo modello di propulsore spaziale pensato per operare in un range di potenza tra i 500 e i 1000 watt, che sarà particolarmente adatto ai piccoli satelliti (SmallSats) e avrà il potenziale per applicazioni nello spazio profondo.

“Il progetto WET mira non solo a sviluppare una tecnologia innovativa, ma anche a creare una nuova visione per il futuro dell’esplorazione spaziale”, aggiunge il professor Ponti. “Grazie alla collaborazione tra istituzioni di eccellenza da tutto il mondo, possiamo immaginare un futuro in cui l’accesso allo spazio sarà sempre più sostenibile e democratico, aprendo nuove opportunità per la ricerca e l’industria”.

La standardizzazione della propulsione a base d’acqua è infatti un passo avanti fondamentale per rendere le tecnologie spaziali più accessibili e sostenibili, aprendo anche la strada ad altre possibili applicazioni. Tutto questo offrendo opportunità di crescita professionale a giovani ricercatori e ricercatrici di tutto il mondo, con un’attenzione particolare alla diversità di genere e all’inclusione sociale.(30Science.com)

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