Roma – Il berillio-10, un raro isotopo radioattivo prodotto dai raggi cosmici nell’atmosfera, fornisce preziose informazioni sulla storia geologica della Terra. Un team di ricerca dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR), in collaborazione con la TUD Dresden University of Technology e l’Australian National University (ANU), ha scoperto un accumulo inaspettato di questo isotopo in campioni prelevati dal fondale marino del Pacifico. Tale anomalia potrebbe essere attribuita a spostamenti nelle correnti oceaniche o a eventi astrofisici verificatisi circa 10 milioni di anni fa. I risultati hanno il potenziale per fungere da marcatore temporale globale, rappresentando un promettente progresso nella datazione di archivi geologici che coprono milioni di anni. Il team presenta i suoi risultati sulla rivista scientifica Nature Communications
I radionuclidi sono tipi di nuclei atomici (isotopi) che decadono in altri elementi nel tempo. Sono usati per datare campioni archeologici e geologici, e la datazione al radiocarbonio è uno dei metodi più noti. In linea di principio, la datazione al radiocarbonio si basa sul fatto che gli organismi viventi assorbono continuamente l’isotopo radioattivo carbonio-14 ( 14 C) durante la loro vita. Una volta che un organismo muore, l’assorbimento cessa e il contenuto di 14 C inizia a diminuire attraverso il decadimento radioattivo con un’emivita di circa 5.700 anni. Confrontando il rapporto tra 14 C instabile e carbonio-12 stabile ( 12 C), i ricercatori possono determinare la data della morte dell’organismo.
I reperti archeologici, come ossa o resti di legno, possono essere datati in modo abbastanza accurato in questo modo. “Tuttavia, il metodo del radiocarbonio è limitato alla datazione di campioni non più vecchi di 50.000 anni”, spiega il fisico HZDR Dr. Dominik Koll. “Per datare campioni più vecchi, dobbiamo usare altri isotopi, come il berillio-10 cosmogenico ( 10 Be).” Questo isotopo viene creato quando i raggi cosmici interagiscono con l’ossigeno e l’azoto nell’atmosfera superiore. Raggiunge la Terra attraverso le precipitazioni e può accumularsi sul fondale marino. Con un’emivita di 1,4 milioni di anni, il 10 Be decade in boro, consentendo una datazione geologica che può estendersi fino a oltre 10 milioni di anni fa.
Qualche tempo fa, il gruppo di ricerca di Koll ha esaminato campioni geologici unici recuperati dall’Oceano Pacifico a una profondità di diversi chilometri. I campioni erano costituiti da croste di ferromanganese, composte principalmente da ferro e manganese, che si erano formate lentamente ma costantemente nel corso di milioni di anni. Per datare i campioni, il team ha analizzato il contenuto di 10 Be utilizzando un metodo altamente sensibile: la spettrometria di massa con acceleratore (AMS) presso HZDR. In questo processo, il campione viene purificato chimicamente prima di essere sottoposto ad analisi per isotopi in traccia. Singoli atomi del campione vengono accelerati da alta tensione, deviati da magneti e quindi registrati da rilevatori specializzati. Questo metodo consente l’identificazione precisa di 10 Be, distinguendolo da altri isotopi di berillio e da molecole e isotopi con la stessa massa, come il boro-10.
Quando il gruppo di ricerca ha valutato i dati raccolti, ha avuto una sorpresa. “A circa 10 milioni di anni, abbiamo trovato quasi il doppio di 10 Be di quanto avevamo previsto”, riferisce Koll. “Ci siamo imbattuti in un’anomalia precedentemente sconosciuta”. Per eliminare qualsiasi possibilità di contaminazione, gli esperti hanno analizzato campioni aggiuntivi dal Pacifico, che presentavano anch’essi la stessa anomalia. Questa coerenza consente al team di concludere che si tratta effettivamente di un fenomeno reale.
Ma come è avvenuto un aumento così sorprendente della concentrazione circa 10 milioni di anni fa? Koll, che ha completato il suo dottorato presso la TU Dresden e l’ANU, propone due possibili spiegazioni. Una è legata alla circolazione oceanica vicino all’Antartide, che si pensa sia cambiata drasticamente 10-12 milioni di anni fa. “Questo potrebbe aver causato una distribuzione non uniforme di 10 Be sulla Terra per un periodo di tempo a causa delle correnti oceaniche alterate”, spiega il fisico. “Di conseguenza, 10 Be potrebbe essere diventato particolarmente concentrato nell’Oceano Pacifico”.
La seconda ipotesi è di natura astrofisica. Essa suggerisce che gli effetti collaterali di una supernova vicina alla Terra potrebbero aver causato un temporaneo aumento dell’intensità delle radiazioni cosmiche 10 milioni di anni fa. In alternativa, la Terra potrebbe aver perso temporaneamente il suo scudo solare protettivo, l’eliosfera, a causa di una collisione con una densa nube interstellare, rendendola più vulnerabile alle radiazioni cosmiche. “Solo nuove misurazioni possono indicare se l’anomalia del berillio è stata causata da cambiamenti nelle correnti oceaniche o ha ragioni astrofisiche”, afferma Koll. “Ecco perché intendiamo analizzare più campioni in futuro e speriamo che altri gruppi di ricerca facciano lo stesso”. Se l’anomalia venisse trovata in tutto il mondo, l’ipotesi astrofisica sarebbe supportata. D’altro canto, se venisse rilevata solo in regioni specifiche, la spiegazione che coinvolge le correnti oceaniche alterate sarebbe considerata più plausibile.
L’anomalia potrebbe essere estremamente utile per la datazione geologica del berillio. Quando si confrontano archivi diversi per la datazione, si presenta un problema fondamentale. I marcatori temporali comuni devono essere identificati in tutti i set di dati in modo che possano essere correttamente sincronizzati tra loro. Dominik Koll spiega: “Per periodi che abbracciano milioni di anni, tali marcatori temporali cosmogenici non esistono ancora. Tuttavia, questa anomalia del berillio ha il potenziale per fungere da tale marcatore”.(30Science.com)