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Le varietà di riso ad alta resa emettono metano fino al 70% in meno

(3 Febbraio 2025)

Roma – Alcuni composti rilasciati dalle radici del riso sono responsabili delle grandi quantità di emissioni di metano di cui sono noti gli impatti ambientali. Ricercatori delle Swedish University of Agricultural Sciences hanno pertanto sviluppato una varietà di riso selezionata, ad alta resa, come illustrano in un lavoro su Molecular Plant, in grado di ridurre le emissioni di metano fino al 70%. Ad oggi si stima che la coltivazione del riso sia responsabile di circa il 12% delle emissioni globali, ma la percentuale è destinata a crescere sensibilmente a causa del riscaldamento globale e dell’incremento della popolazione mondiale. La varietà di riso ad alta resa e a bassa emissione di metano è stata prodotta utilizzando metodi di coltivazione tradizionali, senza OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e sulla base delle informazioni oggi note. Si sa, ad esempio, che il metano emesso dalle risaie è prodotto da microbi che scompongono i composti organici – chiamati “essudati radicali” – rilasciati dalle radici delle piante di riso, come anche da altre piante, per nutrire i microbi del suolo che a loro volta aiutano liberano altri nutrienti che vengono assorbiti dalle piante durante la crescita. Restava tuttavia da chiarire quali fra i vari composti chimici degli essudati radicali venissero poi convertiti in metano. I ricercatori hanno così confrontato gli essudati radicali di due diverse varietà di riso: SUSIBA2, una varietà OGM a bassa emissione di metano, e Nipponbare, una cultivar non OGM con emissioni di metano medie, quali possibili responsabili delle emissioni. Hanno così scoperto che le radici SUSIBA2 non solo producono minor fumarato, un tipo di sale, ma anche che la quantità di fumarato secreta e l’abbondanza di archaea (batteri) o “metanogeni” che rilasciano metano nel terreno circostante, sono correlate. Questo rapporto è stato confermato da un ulteriore esperimento durante il quale i ricercatori hanno aggiunto fumarato al terreno delle piante di riso coltivate in contenitori, osservando un aumento sensibile delle emissioni di metano. Lo studio ha inoltre dimostrato che l’applicazione di oxantel, una sostanza chimica che inibisce la scomposizione enzimatica del fumarato, sia in grado di ridurre efficacemente le emissioni di metano. Tuttavia, poiché le piante SUSIBA2 producevano ancora meno metano delle piante Nipponbare, il fumarato non poteva essere l’unico composto chimico coinvolto in questo processo. Ulteriori indagini sugli essudati delle radici di SUSIBA2 hanno infatti dimostrato che queste piante rilasciano anche quantità più significative di etanolo che aggiunto al terreno circostante ha prodotto una riduzione importante delle emissioni di metano rilasciate dalle piante. I ricercatori hanno quindi incrociato una varietà di riso ad alta resa o “élite” con una varietà a bassa emissione di metano precedentemente identificata (la cultivar Heijing), il cui essudato radicale era povero di fumarato e ricco di etanolo, per capire come realizzare coltivazioni di riso a bassa emissione di metano con elevata resa con metodi tradizionali. so è così osservato che le piante di riso di questo incrocio rilasciavano costantemente essudati radicali con profili di basso fumarato e alto etanolo (LFHE). Le varietà di riso LFHE coltivate in varie aree in tutta la Cina hanno mostrato una riduzione in media del 70% delle emissioni di metano rispetto alla varietà d’élite e una resa relativamente elevata: 8,96 tonnellate/ettaro in media, rispetto alla media globale del 2024 di 4,71 tonnellate/ettaro. Ulteriori esperimenti durati due anni due siti diversi in Cina per valutare se etanolo e oxantel potessero essere utilizzati per ridurre le emissioni di metano su larga scala, hanno fatto osservare una riduzione di circa il 60% delle emissioni di metano, senza intaccare la resa delle colture. Obiettivo dei ricercatori è ora fare registrare il riso LFHE come varietà presso il governo cinese e altri, potendo così in futuro avviare la produzione e la commercializzazione e lavorare in parallelo con aziende produttrici di fertilizzanti per valutare la possibilità di introdurre l’oxantel tra i fertilizzanti da immettere sul mercato.(30Science.com)

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