Roma – Un progetto di geoingegneria volto alla rimozione del metano dall’atmosfera, invece che migliorare la situazione climatica globale, rischia di peggiorarla significativamente. È quanto emerge da uno studio guidato dall’Università dello Utah e pubblicato su Environmental Science & Technology. Mentre l’atmosfera continua a riempirsi di gas serra derivanti dalle attività umane, sono emerse molte proposte per “geoingegnerizzare” soluzioni per la salvaguardia del clima, vale a dire modificare l’atmosfera su scala globale per ridurre le concentrazioni di emissioni o attenuarne l’effetto riscaldante. Una proposta recente mira a infondere nell’atmosfera perossido di idrogeno, sostenendo che ciò ossiderebbe il metano (CH4 ) , un gas serra estremamente potente, migliorando la qualità dell’aria. Gli scienziati atmosferici dell’Università dello Utah Alfred Mayhew e Jessica Haskins erano scettici, quindi hanno deciso di testare le affermazioni alla base di questa proposta. I loro risultati hanno confermato i loro dubbi. “Il nostro lavoro – ha affermato Mayhew – ha dimostrato che l’efficienza della tecnologia proposta è piuttosto bassa, il che significa che sarebbe necessaria un’adozione diffusa della tecnologia per avere un impatto significativo sul CH4 atmosferico. Il problema è che nostri risultati indicano anche che se questa tecnologia venisse adottata su larga scala, vedremmo considerevoli effetti collaterali negativi sulla qualità dell’aria, in particolare per l’inquinamento atmosferico da particolato invernale”. Per condurre lo studio, gli scienziati dello Utah hanno modellato cosa accadrebbe se si distribuisse la tecnologia brevettata da un’azienda canadese, che propone di spruzzare perossido di idrogeno aerosolizzato, o H₂O₂, nell’atmosfera durante le ore diurne da torri alte 600 metri. Queste torri si avvicinerebbero all’altezza delle torri radio più alte del mondo. L’obiettivo era stimare la quantità di metano che sarebbe stata ossidata in tre diversi scenari di emissione, da leggeri a estremi. La loro simulazione prevedeva l’uso di 50 torri sparse in tutto il Nord America. Replicando la proposta dell’azienda, lo scenario di rilascio medio richiedeva che ogni torre spruzzasse 612 grammi, al secondo per 10 ore al giorno per un anno. “Abbiamo scoperto – ha dichiarato la Haskins – che la soluzione proposta non rimuoverà alcuna quantità significativa di metano dall’atmosfera. Non risolverà il problema del riscaldamento globale. Al massimo, abbiamo scoperto che 50 torri potrebbero ridurre lo 0,01 per cento delle emissioni annue di metano antropogenico. Ne servirebbero circa 352.000 per rimuovere il 50 per cento del metano antropogenico. È un numero folle”. Nel frattempo, nei luoghi in cui la qualità dell’aria invernale è scarsa, l’inquinamento da particolato potrebbe peggiorare notevolmente. “C’è la possibilità – ha affermato Mayhew – che la ricerca futura possa dimostrare che gli impatti sulla qualità dell’aria derivanti dal posizionamento di queste torri vicino a fonti puntiformi di metano sono minimi se vengono attivate in determinati periodi dell’anno e lontano da grandi centri abitati. Se così fosse, questa tecnologia (o approcci simili) potrebbe svolgere un ruolo seppur molto limitato nella lotta al riscaldamento, ma è chiaro dal nostro lavoro che gli effetti collaterali sulla qualità dell’aria dovrebbero essere considerati in maniera prioritaria per qualsiasi proposta di implementazione nel mondo reale di una tecnologia come questa”. (30Science.com)